Che paura e fascino la perversione!

Il secondo film che, io e Marigrade, abbiamo visto ieri, all'Arcobaleno di Viale Tunisia, è un sorprendente "Tom alla fattoria" (originale "Tom à la ferme"). Appena entrati in sala, ci coglie la sensazione di avere a che fare un autore capace, esperto verrebbe da dire. Regia e fotografia pulite, curate nei particolari. Buona musica ad impacchettare. Poi emerge la sceneggiatura, coi suoi ritmo e scalpore. Usciamo dalla sala, con qualche dubbio riguardo a punti rimasti in sospeso qua e là, ma ben vengano film così. E' di oggi, però, la vera sorpresa (sapete che adoro entrare in sala senza nemmeno conoscere il titolo): il regista e interprete principale è un 24enne canadese, già al suo 4° lungometraggio. Che dire: batti cinque Xavier Dolan!
Pellicola che vince col ritmo, suspense da thriller, ironia da commedia, provocazione da queer, coraggio da grottesco. Ma che affascina con le immagini, anche. Le distese di granoturco della campagna canadese sono ammalianti sirene che possono tagliare i polsi. Dura la vita laggiù. Fuori c'è un mondo che gira, dove le stagioni paiono molte più di quattro. Lì alla fattoria, invece, c'è chi non vuole accettare. Nemmeno sé stesso. Da qui prende piede un conflitto tra sfera sessuale e sociale che danza su spine acuminatissime. C'è da saltare sulle poltroncine, ohi, ui, ahi! L'omofobia esonda su una repressione di sé e di ciò che sta attorno. Ma la pila, nel frattempo, si carica; le gambe corte della menzogna deflagrano mantenendo la posizione.
Ecco, se c'è un punto delicato in questo film è proprio quello che, in gergo calcistico (ma sportivo in generale, o militare anche), si indica con "mantenere la posizione". Potrebbe, invero, rappresentarne il punto di forza, non lo nego (si vuol divertire, impressionare, provocare? Somma aspirazione: tutto insieme!). Da qui, i punti in sospeso: perché la fuga finale? Gelosia? Più probabile un "risveglio" del protagonista, la volontà di tornare su un piano, se non realistico, almeno proprio, abituale. Inoltre, perché, sul finale, mostrare la vittima del violento pestaggio da parte del fratello del defunto? E via così. Tutti tarli su cui, ad ogni modo, è piacevole indugiare.
A proposito dei protagonisti: tutte interpretazioni all'altezza, in primis quella del regista (il "Tom" del titolo). La sua rabbia e il suo sgomento, ma anche la sua ironia e determinazione nell'affrontarli, forse, hanno molto di biografico, omosessuale dichiarato. Buona anche la prova del suo compagno d'avventura, Pierre-Yves "Francis" Cardinal (un inquietante e bovino incrocio tra Taricone e Favino).
Non resta che tenere d'occhio questo giovane autore.
Voto 7,5.
(depa)

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