La macchina da presa s'avvicina al cancello e puf, come per magia, io ed Elena, siamo davanti al castello di Manderley. Tutto lo "Spazio Oberdan" avvolto dalla favola divenuta incubo allestita, nel 1940, da Sir Alfred Hitchcock. "Rebecca" aleggia come uno spettro senza volto per le stanze della maestosa tenuta. La suspense è tutta lì, nelle turbe della protagonista e nei giochi delle apparenze con cui tutti dobbiamo convivere.
Un Hitchcock barocco per raccontare quanto gli orpelli delle nostre dimore siano nulla in confronto a quelli dei nostri sentimenti. I castelli roboanti delle famiglie aristocratiche fanno meno chiasso se paragonati a quelli assordanti della nostra mente. E allora diciamolo con una favola che molto riassuma. I due protagonisti britannici sono perfetti, proprio come la terza, quella mai apparsa. La nuova "de Winter", dolce più che mai la ventiduenne Joan Fontaine (del '917, ancora viva, complimenti), è frastornata. In pratica non ne azzecca una. A volte viene da tirarle una sberla e disintegrarla in mille pezzi, tanto sa essere sadico l'uomo nel vedere corpo e mente tanto fragili. Mr. "de Winter", invece è assillato dal vecchio...odio. Dal senso di colpa. Il teatro è tanto. Quello di Laurence Olivier fu tantissimo. La vera protagonista è lei, Rebecca. Questo personaggio che ci tormenterà per anni: voglio una sua foto! Anche perché, a quanto pare, era una tipa "giusta".
Poi c'è Manderley, il castello fantastico. Con tutto ciò che contiene. Tutto è Manderley, compresa l'algida, l'orrorifica, la malvagia infantile stupida governante Danvers. Una sorta di Morticia Addams ma con meno sex appeal e più frustrazioni sessuali. Ottima l'australiana Judith Anderson.
Classicone più psichiatrico, meno dinamico. Non c'è conto alla rovescia, ma un ronzio costante nella testa. L'omicidio ci fu ma non si vede; lo stesso per il "MacGuffin" (Rebecca).
Estetica cinematografica dei turbamenti, da vedere.
(depa)
Bellissimo!
RispondiEliminaLe capacità impareggiabili di Hitchcock sono in bella mostra in tutta la loro essenza in questa pellicola. Tenere altissimo il livello d’attenzione e di tensione nello spettatore con una “banale storia simil biancaneve e la matrigna cattiva” di sfondo non è da tutti, direi… e poi: tun! Sterzata improvvisa e via verso un finale che definirei… incandescente.
Il tutto grazie alla solita maestria nella scelta delle inquadrature, delle musiche di sottofondo, nei cambi di scena e nei movimenti macchina, seppur in questa pellicola, a mio parere, a risaltare è la perfezione e l’intensità della recitazione soprattutto delle due attrici femminili e immagino che dietro di ciò ci sia stata tanta pignoleria alla ricerca della perfezione (cioè di quello che aveva in testa!) del maestro del brivido.
Stupefacente.
Ps: complimenti a Depa per la scelta del titolo…