"Dottor Jones, qui si mette male". Ecco cosa mi viene in mente appena uscito dalla sala GEA dell'Apollo, subito dopo la visione del documentario svizzero "Tableau noir", diretto da Yves Yersin (classe 1942). E non a causa, sarebbe comprensibile, della triste fine della scuola elementare raffigurata in questo lavoro, bensì poiché qui la rassegna "piange".
Rivolgendo i miei più sentiti complimenti agli organizzatori della stessa, i quali hanno avuto la brillante idea di piazzare un loffio documentario di due ore (piuttosto "di nicchia", per altro: vogliono chiudere una scuola svizzera con 15 ragazzi!), non mi resta che supporre, amaramente, un Festival di Locarno nel pieno di una tormenta di neve. Bianco tutt'attorno, altro che lavagna nera. Chiamate i bracconieri di celluloide, perché i cacciatori istituzionali brancolano nel buio.
Marigrade, che è sgattaiolata fuori dalla sala dopo poco più di un'ora, dice: "Eh sì, 'metterlo al pomeriggio', 'c'è gente che lavora', fai presto a dire così; pensa un po' a quelli che dopo 3-4 film, 6-8 ore seduti a guardare uno schermo, scoprono di doversi sorbire un 'ottimo' documentario di due ore". E come darle torto.
Scuola svizzera; una ventina di bambini (dolcissimi, sul serio), così pochi da formare classi miste (prima, seconda..quinta, tutt'insieme), raccolti nei boschi limitrofi; due maestri, di cui uno è il vero mentore (con qualche velata accusa di prepotenza). Dev'essere chiusa per tagli alla spesa. Se v'interessa l'argomento, scovate questo documentario, nemmeno così interessante (c'è anche la mazzata finale della preghiera in chiesa), altrimenti...
L'importanza della tradizioni e il legame col territorio sono punti fondamentali delle nostre società. Ma è questo l'ambito corretto? Ok, poniamo che sia sempre corretto. In ogni caso, qui, è spiegato male. Lasciamo perdere la ridicola velleità della suddivisione in titoli privi di logica (se ne vedono di tutti i colori). Questo documentario non ha il sommo dono della sintesi. Mostra sequenze che non strappano più lacrime da anni, che non aggiungono nulla alla conoscenza media della vita di lassù e, ciò che è peggio, assume le sembianze finali della manfrina (lo smantellamento della scuola, lungi dal commuovere, fa venire voglia, sì cinicamente, di mandare il simpatico maestro a spigolare).
Sì sì, "dolce esperimento", "magicamente catapultati", "due sole telecamere" (quante ne volevate?), "tanti microfoni" (!?), "migliaia di ore proprio tra i bambini" (mi fa piacere). Diavolo, come può essere venduta bene una cosa. E chi meglio di noi italiani lo sa? Ora lo sanno pure gli svizzeri.
Dai zio fagiano! Non ci credo che il cinema sia così alle cozze! Davvero nessun circuito indipendente ha prodotto alcun che da presentare al posto di un documentario che non può accontentare una sala intera (bensì 10 persone)? Ma chi ha eseguito la selezione?
Magari è Il Cinerofum che non è sensibile alle tematiche sociali...
(depa)
Voto: 1.
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