Altro giro di Alfred Hitchcock. Allo "Spazio Oberdan", nuova corsa su montagne russe a creare il noto groppo faringeo. Io ed Elena in apnea oltre la Cortina di Ferro (la "curtain" del titolo originale), dove respirare si fa impossibile, tra primi piani e inseguimenti messi in scena dal maestro della suspense. "Il sipario strappato", 1966, è una linea continua, senza interruzioni, qualche diversivo. Ma nessuna tregua: sino alla soluzione finale, con la fuga che riesce nello squarcio. Stupendo.
Vien da ridere a leggere qualche critica del tempo, tanto grande è stato il piacere nell'aver visto questo film. Brutto film? Scarso ritmo? Inverosimiglianza di alcune sequenze? A parte il fatto che il protagonista si metta a parlare impunemente con la collaboratrice Koska, non vedo forzature maggiori di tanti altri più noti. Quanta ingratitudine.
Tutti a guardarlo perché l'uccisione di Gromek è davvero un fiore cinematografico, fotogrammi petali ben assortiti da una regia coraggiosa, affiancati da un montaggio d'autore. Così come la sequenza del museo: angoscia di spazio e suono. E come non ricordare quella dell'"autobus fasullo"? Solita creazione perfetta per scandire il tempo della paura (merito anche allo scrittore nordirlandese Brian Moore).
Gli occhi di ghiaccio dello statunitense Paul Newman (1925-2008) incontrano quelli caldi della britannica Julie "Mary Poppins" Andrews, conducendo lo spettatore lungo i due binari paralleli del romanticismo e dello spionaggio.
In sala Alda Merini, il solito pessimo pubblico non riesce a scalfire l'entusiasmo provato nell'assaporare l'ennesimo prelibato Hitch.
(depa)
Con diversivo, forse, intendevi il personaggio della donna polacca in cerca di "sponsor"? In effetti, è uno stacco vivo, una finestra sulle speranze di tante persone tenute in gabbia. Ancora oggi le frontiere non sono libere. Solo il caso, Hitchcock "orologiaio" non lo dimenticò mai, può sbrogliare alcune matasse diligentemente e follemente intrecciate dall'uomo.
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