Bene, bravi. Circuiti cinematografici italiani sempre competenti. E autentici amanti di quest'arte (quando si traduce in transazione monetaria). Sì sì. Nelle sale di due grandi capoluoghi, dopo appena una settimana, non è più rintracciabile il film dell'autore che vinse a Venezia lo scorso anno e che aspettavo da un anno ("Moebius", già recensito da Bubu), in compenso ovunque potrete trovarvi l'ennesima schifezza Costruita In Italia. Come altrimenti definire "La variabile umana", dell'esordiente Bruno Oliviero (Torre del Greco, 1972)?
Venerdì sera incontro Barabba e la proposta per un cinema non può che riguardare l'ultimo film del regista sudcoreano. Sabato, l'avvilente scoperta. Barabba rilancia frettolosamente: "L'unico interessante è 'La variabile umana', noir ambientato nella 'tua' Milano". Uhm, sarà. "Ma è un italiano...". "Eh, non c'è altro". Vabbè, se è l'occasione per vedere un vecchio amico...io ed Elena ci avviamo verso il "City".
Scrivo tutto questo perché? Perché non saprei cos'altro scrivere di questo, orribile, film. Recitazione imbarazzante. Prova fallita per Silvio Orlando. La veste dell'ispettore dagli infiniti assilli non è roba sua (non è questione di maturità: per me sarà l'indimenticabile di "Zanzibar" e di "Vicini di casa", impareggiabile la sua mimica in queste due serie TV). Solo nella sua scena più rabbiosa, l'ho apprezzato, dato il risultato comico, come ai vecchi tempi. Tanto meno sono riuscito ad apprezzare Battiston, più in voga che mai. Per non parlare della giovanissima protagonista ("..." a proposito del pianto finale). Regia anonima, con qualche pretesa (la m.d.p. che accompagna l'andamento del passamano nell'appartamento è roba da scuole superiori). Ma è la sceneggiatura a far rizzare i capelli (di chi ce l'ha). Un noir deve rimpolpare i personaggi: i colleghi devono riempire, asfissiare lo spazio attorno all'ispettore protagonista. Qui c'è il vuoto. Non c'è caratterizzazione. L'atmosfera! Dov'è? La Milano grigia dov'è? Scerbanenco, sentendosi nominato, è risorto ed è fuggito in un "gulag" siberiano...
Inoltre, i dettagli devono rincorrersi e sovrapporsi per poi ricongiungersi con un botto (qui il primo indizio è un nome che svela già tutto). Sto sottilizzando per non avvilirmi oltremodo. Ovviamente, in questa pellicola, la rabbia esplode soprattutto nel constatare la banalità di una trama da tre righe di diario Smemoranda. Barabba a metà film: "E' stata...?", "No, Baracca, impossibile. Lo escludo; guarda, in tal caso uscirei dalla sala". Beh, ho mentito.
Sgomento e qualche risata in sala all'accensione delle luci. I LOVE CINEMAITALIANO.
Vedere per cedere.
(depa)
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