Il mio secondo appuntamento con Venezia 2013 è stato un film così deludente da spingermi a pormi la domanda: frutto di una selezione, chissà cos'è stato scartato? Quante parole leggo in giro su questo "Trap street" (originale "Shuiyin Jie"), opera prima della quarantenne regista cinese Vivian Qu. Facciamo una cosa: guardiamolo e impariamo così a dubitare dei volantini promozionali. Perché la condanna ad ogni forma di censura (e quella messa in atto dalla "Repubblica Popolare" Cinese non dubito sia particolarmente virulenta) dev'essere gridata nelle sale di tutto il mondo...
...ma se la si vuole tradurre in Cinema...bisogna farlo. Questo film non "è sorprendente", non "tiene bene il ritmo" e non "spiega molto bene la situazione dei diritti civili in Cina". Inoltre non ha "sguardo raffinato" e, men che meno, "una messa in scena consapevole". Recensione per negazione, quindi, per dirigere il mirino, piuttosto, sull'asfissiante politica censoria che attanaglia il cinema cinese. Non c'è progresso senza liberta e questo film, tristemente debole e sbandato, lo dimostra.
Così come "via della Foresta" non è rintracciabile sulle mappe, proprio come il protagonista che gira a vuoto sulle autoscontro, la storia dipanata da questa pellicola porta da nessuna parte, le immagini si perdono nei meandri del GPS narrativo. C'è un momento in cui la svolta decisiva pare arrivare (quando il ragazzo scompare alla festa, sequestrato dai servizi segreti), ma i pezzi lasciati per strada sono molti, così come i dubbi sull'efficacia della regia. Ci si scrolla, aspettando una piega thriller, ci si riassopisce, recriminando che non si sia rimasti sul piano puramente romantico.
Fotti la censura! W la libertà d'espressione, cioè W il cinema.
A fine proiezione, facce smunte, nessun applauso: voto 5.
(depa)
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