A braccetto col viaggio di un uomo intrappolato nell'egoistica e ipocrita società democratica, un'altra pellicola efficace, urlata dall'altra parte del mondo. Scritto e diretto dalla regista indiana, classe 1986, Payal Kapadiya: "Amore a Mumbai" (t.i. "All We Imagine As Light") scorre con attenta delicatezza sui sentimenti delle protagoniste, sempre donne in lotta.Ventitré anni a Mumbai non bastano per sentirsi a casa. Ma può aiutare, rubandoti il tempo, a dimenticare certe stupidaggini, partenopeamente fischiettando. La protagonista Prabha "non sa godersi la vita", con l'inquilina Anu è in difficoltà d'invidiosa ("Si è messa con un ragazzo musulmano")... Baciarsi a Mumbai, anche di nascosto. La scrittura al centro, le maledette malelingue di ogni grado longitudinale. Radicalismo e intolleranza, il lascito di ogni religione. Quelle delle caste, hindù, ha ottenuto il suo risultato. Fotografia solida in una regia "europea" (i palazzi notturni si cui narrare i propri pensieri). La sala del "City", pur piccola, è gremita. Lo sguardo, anche al cinema, si abbassa, pudico. Dichiarazione d'amore, anche, per i chiaroscuri della capitale indiana, "dove la ravvia non è permessa, nemmeno se vivi nelle fogne". Spirito! "Stare assieme è naturale". Finale romantico e poetico che non stona. A ciascuno il suo amore, amaro oppure dolce che sia.
(depa)
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