Risalendo la filmografia polacca suggerita da "Foglio", si fa tappa al 1963. In quell'anno, Andrzej Munk (1921-1961), due anni prima scomparso in un incidente di ritorno da riprese ad Auschwitz, ivi ambientò il suo ultimo atto d'accusa su sopraffazione e indifferenza. Incompiuto, terminato da collaboratori, tra cui ufficialmente Witold Lesiewicz (1922-2012), "La passeggera" ne ha guadagnato in fascino, permettendo di riconoscervi un capolavoro del cinema.
I colleghi precisano che, sullo schermo, "cosa è stato filmato, con tutte le lacune e le reticenze...Andrzej Munk era nostro contemporaneo". Il ritorno dall'America in Europa di una tedesca sposatasi in "quel paese ospitale". Cos'ha visto Liza?! Non certo una "povera piccola", Liza. Sentinella, aguzzina, kapò..."Ma forse è meglio che tu sappia". Il suo rapporto con Marta, l'internata "per motivi politici". Il trionfare sui cadaveri, tra le grida disumane dei Kapo, "sopra il fango di Auschwitz".
Il "fotoromanzo" iniziale, montato con efficacia poetica dai compagni del regista, ricorda Marker. Dalle immagini successive, emerge un autore rigoroso nello stile, severo nei contenuti. La sua filmografia si chiuse tragicamente con un'opera che inchioda al muro le responsabilità di tutti. Doloroso al punto da chiedersi il livello di profondità che avrebbe raggiunto se ultimato. Trionfare sui cadaveri, tra le grida disumane dei Kapo, "sopra il fango di Auschwitz".
(depa)
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