Desocietà

I viaggi del Cinema. Da un'amichevole soffiata colombiana ad una gelida pellicola svedese. In Piazza delle vigne, meroledì scorso, oltre ai ragazzi di "Vedo Terra", ha irrotto il regista svedese, classe 1946, Roy Andersson. Mai individuato dal radar del Cinerofum, lo colpisce con un missile carico di esplosivo, splendido graffiante, surrealismo scandinavo. "Canzoni del secondo piano", "Gran premio della Giuria" a cannes 2000.
"Fortunato il primo che si siede". Dedicato a César Vallejo 1892-1938. "Da 700 a 1000", perché "tutto ha il suo tempo" ("anche il motore"). E' un attimo. A casa (se ce l'hai). Col capitale a ritorcerglisi contro. Algide geometrie nordiche. Episodi kaurismakiani nel vuoto silenzio, passerella di fermi immagine alienati, teatrali (attese beckettiane). Siamo tutti volontari per gli sketch di altri. Ode ai Fantozzi metropolitani. Pittorico, nel traffico bloccato, "difficile essere uomini". Miseria della civiltà. Decadenze lachapelliane, apocalissi senza un cerino, dietro ai crocevia ingombri, le solitudini hopperiane. Gli effetti sul lavoro del capitalismo monopolitisco, "l'accumulo di detriti umani della civiltà urbana",  "varie forme di sgretolamento di una società schiacciata dall'urbanesimo capitalistico [...]" (Harry Braverman, stessa acuta ironia). Giacche cravatte autoflaggelantisi nelle strade accodate. "Beato chi sta seduto" (W me!). "Storia, retaggio, tradizione", tre drink da buttar giù per credersi contenti. Milioni di metri quadri di terra in un pitale. Göring aggrappato ai centenari, rincoglioniti e rispettati. Distanze, quando non botte. Strozzini benedetti, grotteschi suicidanti (che saranno beati). Tra non viventi impalliditi che ruotano attorno al sole senza riceverne calore ("Hey"). "Liberi dai nostri debiti", morti viventi, "per del cibo nel piatto". In queste condizioni, poesia è pazzia. sulle "prospettive a lungo termine". Incantanta nel cercare report che spieghino la carenza di lavoro. "E' impossibile! E' il Fato!". Insegnamenti che sono sacrifici (umani). Società in decomposizione, le bandiere si trascinano al Grand Hotel. Sfiancati check-in negli agorafobici aeroporti della mente. "Bisogna tener duro!". "Beato chei va...al cinema!". Sulla scia dei maestri (Bunuel, Teshigahara, Bresson...), imprimendo i discepoli (Östlund, Lanthimos, i sudcoreani), provocazione scandita da una nota sinistra, allarme costante della mobilitazione bellica permanente. Giubileo degli Zeri Extra, più poveri che mai. Sbigottiti, sguardi in camera, sulla stomachevole società degli affari. Pellicola per coloro che ancora provano un brivido passando dinanzi al "Bristol". Capolavoro (il film).
(depa)

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