Nelle bacheche cinematografiche, il vuoto penumatico. Ma fa capolino una pellicola catalana, quindi chiamo pure gente. Siamo in cinque al "Sivori", per vedere "Alcarràs", del 2021, scritto e diretto dalla barcellonese, classe 1986, Carla Simón. Pellicola sociale che ottiene un ottimo "salario minimo" (Orso d'oro a Berlino), taglio semplice sulle esasperazioni di una società disumana e innaturale, in cui vince il mercato e perde la vita.
Film che vuole essere un'accorata ma lucida testimonianza delle logiche di espropriazione, diretta o indiretta, di terre ed esistenze. Su contraddizioni (in)sostenibili e transizioni ecologiche (con iban associato). Niente di eclatante, non dev'essere stata una berlinale "affollata". Con due sequenze imperdonabili, ok: usurati momenti di gioco attorno alla piscina, attimi consunti di fugace gioia familiare, poi i bambini che rubano nell'orto del vicino. Mi viene un conato. Che rientra, perché al netto del doppiaggio italiano sempre peggiore (byebye gloriosa scuola), la regista, qui al secondo lungometraggio, dimostra la maturità di chi non carica con melodrammi una realtà già tragica.
All'uscita sguardi interrogativi, risate ironiche. A meno che Sonic 2 si riveli un capolavoro d'avanguardia videoludicocinematografica, credo fosse l'unico film decente nelle sale.
(depa)
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