La storia del cinema italiano, secondo "Foglio", passa per l'anno 1960. Per il 'Rofum, ciò comporta il giorno in cui Vittorio De Seta (1923-2011) irruppe nei suoi torrenti di celluloide. "Banditi a Orgosolo" è cinema-vero della migliore scuola. Racconti documentati con l'occhio di un'acuta estetica.
Prodotto e "fotografato" dallo stesso regista palermitano, scritto con la moglie, la poetessa e regista barese Vera Gherarducci (1928-1980), e "interpretato da pastori sardi". Dalle primissime immagini, possenti diagonali a spron battuto, giù, verso le prede, l'arte di un autore di spicco. "Migrazioni stagionali, ricerca del pascolo, di acqua". "Anime primitive". Manca solo il dialetto. Brutte annate, arriva l'autorità, chiede pezzi di carta, dà ordini. "Corri, dai, scappa!". Film con tutti gli attributi, documentaristico nel senso di "tremendamente realistico". Si manca di rispetto, concederlo ad altri minuscoli.
Latitanza, vita, che differenza fa? "Posti brutti" per pascolare, "d'inverno c'è la neve, d'estate manca l'acqua". "L'acqua non si nega" (quattro anni dopo, in una Berlino dorata, anche i turchi lo ribadiranno aridamente). Sequela di splendide immagini, paesaggi terrestri e lunari, la sensibilità fotografica del documentarista Seta impressiona. Baschi neri arrivano a centinaia, da Cagliari e non solo. Fuga col gregge che detta l'oppressivo quanto inatteso ritmo della pellicola: Elena ed io immobili, zitti.
Perquisire, è più forte di loro. Stanchezza e sete, di uomini e pecore. Ecco come si diventa banditi, "senza nemmeno accorgersene". Autorità non genera coscienza. "Miserabili, ladri e banditi", tutti figli della terra.
Stupenda ripresa e riarrangiamento personalissimo del miglior neorealismo. Immancabile.
(depa)
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