A Roy Andersson la seconda proiezione in sala "Chateaux". E' del 2014 la "terza riflessione dell'essere un essere umano" del regista svedese, che gli valse il "Leone d'Oro". "Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza". Ancora più immerso nell'assurdo, nell'ironia, mira contro eserciti e strutture disumane. E tutto il codazzo grotteschissimo di zombie.
La marcia dei santi lascia il suo turno a fanfare, penne e reali. Peggio di principi e re, siamo noi gridanti urlanti, immobili. Meschinismi, grettismo. Poi la servitù volontaria del lavoro. Siamo lacché e non ce ne accorgiamo, ogni lezione è prevaricazione. Beckett & Benny Hill, alla svedese. Venditori di balle porta a porta, "Vogliamo solo far divertire la gente": in realtà trucchi vampireschi, maschere e suoni falsi. "Naturalmente" vittima di agenti esoterici, urbani, incomprensibili ai più. [intermezzi di semplice e autentica felicità solo per estranei. Tenereze, carezze, silenzi, fuori del mondo].
"E' giusto servirsi delle altre persone per essere felici", dipende da cosa si itende per servirsi. Se si intende farle arrosto, mandarle in guerra o a lavorare, allora sarebbe un crimine. Militarismo divampa, oggi le ceneri, perdonando qualche sessismo iperrealista che vuole offendere e oltraggiare. "Eh già".
Non resta che vedere l'esordio, trapassato-remoto, di questo anziano ma esplosivo regista. Di cui però, ancora e concordemente, ricorderemo soprattutto quel primo folgorante incontro.
(depa)
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