Cenere a Hollywood

Nonostante l'attenzione quarantenaria può capitare di tutto in sala Valéry. Poerdirvi, qualche giorno or sono, tutte le precauzioni non hanno impedito il contagio con "Pretty Woman". Zampini di Elena e delle reti televisive pubbliche, che propinano pressocché annualmente questo ninnolo cinematografico. Diretto dal regista newyorkese Garry Marshall (1934-2016), rende celebre sul grande schermo gambe e bocca dell'allora trentatreenne Julia Roberts e conferma il fascino di Richard Gere (vent'anni di più), senza trascurare alcun cliché.

Cenerentola ai tempi di Wall Street, col cavaliere manager d'azienda e la bella ma povera  che si vende per le avenue. Nonostante l'apparente disinibizione che tratteggia la spigliata protagonista, il canovaccio fiabesco resta su un piano di retorica d'accatto: lei povera quindi ineducata, lui ricco di famiglia e affermato uomo d'affari, quindi pronto a provvedere alla crescita della sfortunata. Come se soldi e creanza andassero di pari passo. Peccato. Poi momenti di bassa ("Kiss" in vasca...). Gli stereotipi sono salvi: oltre ai due protagonisti, emblematici di una storia d'amore insolita quanto dal risultato certo, il maître impostato che poi si scioglie alla genuinità della slanciata entraineuse; le commesse d'alto bordo refiose; il lift semplice e guardone. L'effetto è un disney per adulti. I baci, invece, sono meravigliosi di passione, così come un pianoforte che si fa hard-alcova. Film romantico, quindi, per chi gradisce questo romanticismo.
(depa)

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