Hotel delle meraviglie...

Prima del termine del mese più breve, qualche parola scritta su di un film di Jean-Luc Godard, visto a gennaio. Realizzato nel 1985, "Detective" a quanto pare fu la pellicola spicciola con cui il regista e teorico cinematografico parigino si prefisse si racimolare qualche franco. Ciò non toglie che gli interpreti sono roboanti e che il guazzabuglio che ne esce, dopotutto, godardianamente, sta lì a raccontare che la vita è così e che il cinema le va a presso.

Storia più delle altre, con l'accavallarsi dei futili d'ogni giorno e dei capricci di ciascuno, racconto verissimo. Il film, quasi travolto da questi piccoli eventi, pare con sorpresa mantenere il canovaccio impiedi (Godard gongolerà). L'etoile francese Johnny Halliday, qui starring e sparring, alle prese con ragazze che si ri-spogliano (Emmanuelle Seigner, wow); Claude Brasseur è tenebroso come l'altro. C'è pure Jean-Pierre Léaud, fedele a se stesso (quindi non a lei, Aurelle Doazan). Alain Cuny è un nonno glaciale. Nathalie Baye gatta frustrata che chiede shopping. Dopo la terza volta che ho premuto "avvio", il quadro s'è fatto più nitido. Non è richiesto, certo; ad alcuni basta la prima. Ma io sono lento e adoro perdermi negli oscuri e dirompenti frammenti scagliati dal regista ("un classico, ci vuole un classico!"). Il rebus s'ingarbuglia sulle teste del pubblico che s'aspettava un noir. Eppure i personaggi, tutti in preda all'autore, si dannano sulla scena (gli spazi d'un elegante albergo), con ardimento, sino a mollare tutto e andarsene. Come il pubblico in sala, non ho dubbi.
(depa)

ps: Se trovassi mai il foglietto coi deliri raccolti durante la visione, ve li incollerei qui sotto.

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