La terza pellicola transitata sul minuscolo schermo dell'Air France PAR-HAV testimonia di un, anzi due precipitamenti. Come altrimenti definire l'andamento artistico di Wesley Wales Anderson e quello critico dei suoi estimatori? Da paura quest'ultimo volo schiantatosi su "L'isola dei cani", del 2018. Senza parole, assisto a questo disastro cinematografico in cui un regista texano dalla sensibilità bugiarda palesa, invece, una superficialità ai limiti dell'infantilismo. Ok, questo è un "cartone animato" (stop-motion), una pellicola di fantasia per babanetti ed io mi son fatto influenzare da questa illuminante scelta artistica...
Sgomento vi chiedo di guardarlo prima di leggermi. Vorrei sapere la vostra sulla colpevole semplificazione di temi capitali, quale il consumismo più cieco ed opportunista, per giungere doverosamente ai conseguenti ecologismo ed animalismo, in questo casi i rami più esplicitati, già nel titolo. Qualsiasi buona favola al cinema può fare di meglio. In questo caso, e stiamo parlando d'un leone d'argento alla regia, un racconto in grafica digitale privo di ritmo, dalla sceneggiatura elementare, dalla veste estetica inefficace e dal contenuto, come stra-ribadito, meno che basilare (la xenofobia affrontata a suon di razze di cani). Proverò tutte le droghe sin quando non troverò quella che mi farà apparire grande questo film; quindi il nostro Wes, dato che qui, a quanto pare, siamo al suo picco artistico.
(depa)
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