Serate pasoliniane. Teatro Altrove stracolmo. Tutti con Pasolini, quarant'anni dopo. "Comizi d'amore", del 1965, è un'inchiesta, svolta in giro per l'Italia, sul tema della sessualità. Risposte che la dicono lunga, silenzi e imbarazzi che dicono altrettanto. Si ride molto per l'innocenza e l'ignoranza che cinquant'anni fa attanagliavano la nostra società. Si piangerà altrettanto constatando che di passi in avanti, per molti versi, non se ne sono fatti.
Con una mezz'oretta di ritardo, la curatrice introduce rapidamente la pellicola (in due rulli!): innanzitutto, lei è una patita di P.P.P. ("l'intellettuale più significativo del XX secolo"); inoltre, a Pasolini l'idea di questo documentario d'inchiesta venne dopo aver visto "Chronique d'un été" (di Jean Rouch ed Edgar Morin, 1961), con l'intento "di sfatare alcuni tabù italiani a proposito dei temi intorno alla sessualità".
Basta ascoltare ciò che dice uno qualsiasi degli intervistati (selezionati), per capire che...poco o nulla è cambiato. Quindi sentiremo dire che "uomo e donna hanno gli stessi diritti", "è giusto che l'uomo possa uscire e la donna no, perché l'uomo porta il cappello" (detto da una donna), "verso gli invertiti provo ribrezzo" e avanti con tali perle. Le considerazioni, mai formulate a valle di riflessioni sincere e frutto di un approfondimento personale, ma sempre espressione inerziale del meschino moto in corso.
Sicuramente, come argomentato da uno stanco e impacciato Alberto Moravia, si può tagliare corto asserendo che ignoranza e paura vanno di pari passo e che lo scandalizzarsi è indice di insicurezza, da qui il conformismo. Va bene. Ma a me preme sottolineare che lo schema può essere ben spezzato, generando qualcos'altro. Che non sia facile, comunque ce lo dicono le parole dello stesso Paolini che definisce "non onesta" una donna che ha deciso di vivere coi proventi del suo corpo.
Si ride: quant'è sveglia la signora toscana della seconda parte ("...o sesso come piacere"): "se sono tutti come mio marito...è così in generale" (un urrà per il marito della signora!); anche se il vero segreto ce l'ha la dentona ("altro che voce!").
Innegabile, lavori di questo tipo, di per sé, hanno valore di documento storico di rilievo. Intavolato da intellettuali di quella caratura (Ungaretti solenne ma vivace), triplica il proprio valore; anche per la presenza di "controaltari" come la Fallaci: "siamo in una società matriarcale, come in Cina"...?! e via con uno sproloquio di parole vuote ma dall'acidità corrosiva (riscontrabili anche nell'angolazione di labbra e sopracciglia); ben più acute le riflessioni della calabrese Adele Cambria.
Soluzioni possibili? Spendere ogni giorno per crescere, educarsi, arricchirsi. Cultura, educazione, arte e conoscenza per dotarsi di quegli anticorpi che non ci lascino alla deriva di considerazioni vuote, ridicole a pensarci e a sentirle. Cambiare rotta dovrebbe essere possibile: far seguire la parola al pensiero; e l'atto, in accordo, alla parola. Da qui un'altra considerazione: l'avvilente constatazione della complessità della mente umana: studi, sapere e cultura non assicurano una visione lucida e matura (ma aumentano certamente le probabilità che lo diventi!). La sala scoppia quando il calabrese spiega che, al Sud, se l'uomo è d'onore deve "accoppare" la traditrice. Molto divertente. Tanto avvilente.
(depa)
(depa)
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