Venerdì sera il trio delle stoviglie si è ricongiunto davanti all'Ariston, dove in programmazione è l'ultima Palma d'Oro, firmata dal regista parigino Jacques Audiard: "Dheepan" è un film delicato e avvincente, buon mix tra sentimento ed azione, abbraccio e cazzotto (a quanto pare, trademark dell'autore). Consigliato a tutti.Davvero un taglio che abbiamo apprezzato, quello realizzato dall'autore; la qualità delle immagini, punteggiate da elementi ricercati, arricchite da rallenti che affogano nell'affanno del respiro; il ritmo incalzante dettato dal perenne senso di braccamento che attanaglia i protagonisti, come dal sentimento di disgusto che, assieme a loro, prova il pubblico. Disgusto verso la società, la solita, fallita perché ce lo ripetono questi fatti, tanti dei tanti. Solite guerre, pagate dai soliti, che causano i soliti esodi. Poi i soliti che lo sanno, proprio non capiscono “perché vengano qui, visto che già non c’è lavoro per noi”. E avanti, la ruota gira. Nel turno raccontato in questo film, con accento realista, via via declinante sul puro cinematografico (non irreale!), si vedrà una di quelle anomalie in cui la pietrolina fa balzare l’ingranaggio verso l’inaspettato. Questo finale hollywoodiano, con slowmotion, sparatorie e azioni esplosive, se genera uno scarto con ciò che ci si sarebbe atteso (il che non costituisce reato, anzi: s’alza il coefficiente di difficoltà/rischio), lo fa mantenendo abilmente la presa sul filo conduttore. Quell’esperienza può portare a quel gesto. Quei luoghi in fiamme, da cui fuggire, esistono. Quei “prati” dimenticati, a pochi km dagli immacolati centri commerciali, sono veri. Lo sfaldamento dei nervi e degli affetti è più che possibile. Ogni sbandata, comunque, è controllata. Come detto, oltre al valido intreccio, la bontà delle immagini: le ottime sequenze dei sali-scendi confusi lungo le scale, con pitbull e voci minacciose nell’oscurità; l’uscita di galleria che conduce in un'accecante nebbia di nulla; l’intensissimo momento del disperato e rabbioso inno delle tigri tamil; le ellissi delicate (il corpo della protagonista); le suggestive oniriche apparizioni, dove un vecchio pachiderma invita, assieme, a ricordare e dimenticare. Altra nota positiva, per “noi”, il doppiaggio.
Mi sovviene un altro film dove un oppresso da tutti i lati finisce con imbracciare un'arma e colpire, su per una scala...fermi: tutto diverso, tranne l’audacia di volerlo fare così (merito alla giuria, che depose ogni snobismo; d’altronde: Coen Brothers, Dolan, Del Toro). Oltre all’amico Baracchino, anche Elena, Marigrade ed io soddisfatti di quest’ultimo verdetto dalla croisette.
Quindi, cinefili o neofiti, appassionati di mattoni, mattonate o serie TV che siate, andate al cinema: è una Palma, non è una palla.
(depa)
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