Al "Circolino", lunedì scorso, è passato ancora Sir Alfred Hitchcock, in uno stato strano, euforico, alcuni han pensato ad un goccetto di troppo, ma l'alito era solo quello di chi vuole scherzare, giocare un bel tiro agli amici, spiazzandoli, smettendo le vesti del mistero e indossando quelle dell'assurdo. Ecco a voi un "Hitch" che, si può definire grottesco; black humor e non-sense strapazzati in una ciotola, sino a stupirci ed annoiarmi. "La congiura degli innocenti", 1955.
Hitchcock che si mette in gioco, o semplicemente una passeggiata nel bosco, lontano dai riflettori, nei pressi di un cadavere..."I temi a lui cari, l'inganno (accettato, NdD), la menzogna (quasi istintiva, NdD), colpa e giustizia, sono qui dipinti con tratto leggero, sdrammatizzante", introduce la curatrice della rassegna "Alfred Hitchcock - Il gioco degli inganni". Come darle torto? "Logiche invertite"; uhm. "Pellicola amorale?". Qui mi sono un po' perso. Insomma è un film e, per Sir Alfred, la prima regola è intrattenere. "Anche nella tipica suspense hitchcockiana i canoni sono sbaragliati", è vero. D'altronde il surreale lascia terra bruciata, con tutte le foglie, pietre e insetti sobbalzati in aria, sospesi a mezz'altezza, creando incroci davvero bizzarri, tipo la forcicca, metà siga e metà formica. Lasciate stare, scusatemi.Attenzione invisibile, cura nascosta, l'occhio del regista guarda bene e sceglie, però, senza farsi distrarre dalla follia che regna sulla pellicola: i calzini vengono lasciati, contribuendo all'assurdo e all'estetica (l'azzurro e rosso dei calzini è meglio di un piede nudo). Prosecuzione dell'anticonformismo shakespeariano ("Vorrei dipingervi nuda", detto ancor prima di presentarsi), quasi alla blasfemia ("con la mano di Dio!"), questa commedia nera deve molto al sommo genio inglese della messa in scena.
Da guardare ad ormeggi liberi; quasi come quei demenziali che vagano per le sale (con le dovute riserve verso un illustre professor della Settima), con un cicinin di volgarità in meno e qualche freccia acuminata in più; anche per questo film di 60 anni fa vale la frustrante ma sincera regola del "deve piacere il genere", poiché per tenere il ritmo per un'ora e mezza, dovrete dare il vostro contributo.
(depa)
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