Venerdì scorso, fermo
a Milano. Nel week end ho un appuntamento con una certa Charlotte, che
m'aspetta a Desenzano (poi un'altra donna, la solita, a Cesena). La sala Uander
mi sta coccolando, non c'è che dire, emozioni a raffica, tra le quali due
regalate dal regista romano Luigi Magni, scomparso un anno fa circa. Inizio ad
essere ghiotto del suo cinema desideroso di tributare l'onore della storia agli
sconosciuti; storia compiuta dai piccoli e grandi gesti di ciascuno, spesso
appresso alle pagine scritte, ma sempre esclusi dalle stesse. "In nome
del Papa Re", del 1977, esalta le grandi capacità di Nino Manfredi,
maschera umanissima e sincera, e la passione che, si percepisce, il regista
seppe infondere nei suoi racconti.
Giuseppe Monti, Gaetano Tognetti e Cesare Costa. 1867. Vale già la pena vedere questo film per pronunciare i loro tre nomi.
Manfredi mette in scena un'intensità e una disinvoltura che obbligano ad essere
orgogliosi che il nostro cinema abbia saputo sfornare rosette di tal sapore. In
ogni sequenza, soprattutto nei pericolosi primi piani che lui affronta senza
alcuna remora. Il racconto, ovviamente, non ha retto, dinanzi ai miei occhi
incollati, solo per la grande prova del celebre attore frusinate, bensì per la
grande capacità degli autori di esaltare il fascino della storia nel momento in
cui veniva scritta, partecipata da personaggi tutto cuore, così nell'odio, come
nell'amore. Accanto all'alta figura di Colombo (Manfredi) compaiono il dolcissimo
perpetuo, Serafino, messo in scena con sentimento dal veneto Carlo Bagno;
inoltre la disperata ma tenace contessa Flaminia (Carmen Scarpitta); infine una
breve ma potente apparizione del mitico Salvo Randone, con tutta la propria
esperienza.
La chiesa che condanna a morte è un fatto da non dimenticare. Guardare questo film aiuta anche a non immaginare quei tempi e quei luoghi come distanti anni luce, tempo e spazio minimi, a ben vedere.
Luigi Magni e i suoi film storici hanno un sapore del tutto particolare, mai sciapo, intenso, acuto, che vorrei condividere.
(depa)
La chiesa che condanna a morte è un fatto da non dimenticare. Guardare questo film aiuta anche a non immaginare quei tempi e quei luoghi come distanti anni luce, tempo e spazio minimi, a ben vedere.
Luigi Magni e i suoi film storici hanno un sapore del tutto particolare, mai sciapo, intenso, acuto, che vorrei condividere.
(depa)
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