Ieri, in seconda serata, ho visto
un altro corto di Charlie Chaplin. Datato 1915, “Charlot a teatro” è un ritorno alle origini di “animale da
palcoscenico” dell’artista britannico che in questa pellicola traspone nel cinema
una delle sue più classiche interpretazioni di allora, basata su un atto della
commedia teatrale “Mummingbirds” in cui
recitava con la troupe di Fred Karno.
A dire il vero, a mio gusto, ritorno
alle origini non molto positivo.
In questi ventiquattro minuti di
pellicola Chaplin fa smettere a Charlot i panni dell’umile vagabondo per fargli
indossare la doppia veste di due spettatori del Vaudeville, spettacolo di teatro antenato del Varietà e primo amore
di Chaplin. Uno è un ricco signore in platea e l’altro un popolano in galleria
ed entrambi sono decisamente ubriachi e abbastanza comici.
I personaggi perdono tuttavia di
poesia a causa della loro spavalderia, ma non totalmente di comicità, data la
loro sbadataggine e goffaggine pari a quella del vagabondo dal cuore tenero e
innocente.
Gli sketch sono, come detto, dei riadattamenti cinematografici di alcuni
che Chaplin interpretava come attore di teatro e il risultato è buono a
sprazzi. L’ubriaco del popolo che rischia di volare giù dalla galleria più di
una volta e l’ubriaco ricco che scappa da una brutta signora irritando le
persone della sua fila oppure che strappa le piume dal cappello di una signora
per vederci meglio e così via sono tutte gag
piacevoli, a tratti divertenti, ma mai veramente spassose.
In generale direi che tra tutti i
film di questo immenso artista della Settima che ho visto (lunghi, medi e
corti) questo è quello che mi è piaciuto di meno.
(Ste Bubu)
Concordo, anche per me il meno divertente dei "Charlot". Sequenze come quella del cambio fila, sonnifera, è sintonia con le note comiche che emanano dalle grandi torte e manate in faccia; le genialità del grande Chaplin da cercare col lanterino (il cannocchiale a mezzo metro). Il regista girò già parecchi corti, prima di questo prodotto dalla Essanay di Chicago, inspiegabile quindi l'ingenuità messa in scena (spinta ad una grassona che cade nella fontana, il panico per i serpenti, il fuoco sul palco spento con la pompa etc...), a meno di quella voglia di raccontare una parentesi del proprio passato, di cui hai scritto.
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