
Lo stile del regista è dichiarato da subito e rispettato lungo tutte le due ore di pellicola. Telecamera inchiodata al pavimento, inquadrature fisse in cui i personaggi si spostano con delicatezza, dialoghi costanti (non certo overlapping, ma le chiacchierate di fronte ad un buon sake occupano gran parte della pellicola) ripresi con singolare modalità in soggettiva (non col solito controcampo semisogg. o altro) e...recitazione pacata, oserei dire. Impostazione minimalista che vuole evidenziare le sensazioni elementari, soffermarsi sui meccanismi popolari. Al di là che i colori, i ritmi e le tradizioni in generale siano molto differenti dalle nostre, là dove sorge il Sole, non credo si possa parlare di realismo; è un quadro stilizzato su una vicenda reale, poggiato su alcuni principi che il regista, e quasi tutti i protagonisti. sembrano aver fatto propri: "calma, ne abbiamo solo una".
Colori tenui, futon, abiti e trattorie tradizionali giapponesi finiscono col creare una favola d'oggigiorno, con finale quasi felice, le luci si spengono e la solitudine, com'è naturale, s'accende. Bel cinema.
(depa)
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