Filmettino ino ino là là

Ieri sera, in sala Uander, ma sul canale La7, è andato in onda un film francese, uscito nelle altre sale nel 2011: "Polisse", svetta sugli altri lavori cinematografici ad evidenziare il vuoto che attanaglia la Settima distribuita e conosciuta, piuttosto che le proprie qualità. La buona volontà della regista, Maïwenn Le Besco (al suo terzo lavoro, qui anche interprete: è la fotografa impacciata), classe 1976, è evidente, così come la sua immaturità.
Film con abito realista che si butta nel mezzo di una squadra di polizia parigina a protezione dei minori (in particolare, vittime di abusi). Intenzione condivisibile (realizzare uno sguardo nuovo, asciutto e senza coloranti, sui delicati rapporti interpersonali che s'annidano e circondano questa professione) ma che, per scarso coraggio e inesperienza, è stata innaffiata da stereotipi cinematografici (il poliziotto incattivito dalla realtà, ma dal cuore d'oro, che odia e poi ama; la poliziotta frustrata che vede in ogni maschio un pericolo imminente; l'altra divorziata che ostenta rivalsa ma cova fallimento; la rivalità tra i reparti; il capo che non vuole pestare i piedi ai potenti beccati in flagrante) in maniera confusa. Per altro, alcune storie vengono lasciate sfliacciate quando invece durante la pellicola si è investito su di esse. Il fallimento del film si può dedurre anche dal fatto che il film pare "sincero" nei momenti che sembrano "sfuggiti" al soggetto; quando, cioè, i poliziotti della pellicola mostrano il loro volto, senza maschera (la poliziotta scioccata da una madre che scrolla il bebè: per puro caso avrà fiutato giusto e non mi si dica che quello era un sintomo...), con più problemi di quelli raccontati, con più difetti di quelli tinteggiati con tenui colori.
Oltre al doppiaggio, che trascinerebbe ancora più a fondo questo film (ma non è colpa degli autori; comunque, se potete buttatevi sulla v.o.), la recitazione pessima e la fotografia buttata lì (nell'insieme, un film al sapor di fiction poliziesca), la ciliegina marcia sulla torta preconfezionata è la scena finale: ma porcaccia miseriaccia!, già il fatto che la "prima della classe" si butti non è un gran vedere ma, come se non bastasse, in odor di cinema-rumenta spicciolo, la regista ci regala anche un parallelo, due mani si alzano all'unisono ma, mentre un corpo s'innalza più libero di prima, l'altro s'abbatte al suolo, col peso di un bagaglio indimenticabile. Boh. Semplicemente è come ascoltare un pezzo rap da banlieue (newest school, ovvio) che termina con una sonata per orchestra...l'orecchio se ne accorge, il naso si piega, l'occhio si volta.
W i francesi quando si autocelebrano con Cesari, Luci e Grandissime Giurie!
(depa)

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