Nel 1982, Rainer Werner Fassbinder scagliò il suo ultimo sasso, un pezzo di roccia dura lavorata elegantemente, levigata e decorata, in maniera tale da ipnotizzare lo spettatore con la perfezione estetico e, allo stesso tempo, di scioccarlo e un po', diciamolo, sfiancarlo: "Querelle de Brest"...
...è un film pomposo (sì, il termine calza bene), barocco e contrario, perché in sala si è consci della valenza artistica delle immagini, delle luci, dei colori che riescono perfettamente a ricreare un mondo irreale in cui, per contrasto, emergeranno più che sinceri gli interrogativi che accompagnano Querelle dal momento in cui "è sceso".
Film-testamento della sua rabbiosa e sfrontata omosessualità, più che della sua caratteristica stilistica, riesce comunque a rimanere a lungo negli occhi, come detto, per l'atmosfera dettata dai colori giallo, blu, rosso, dalla scenografia barocca teatrale ed avvolgente, onirica e rude. A riempire con eleganza la "scena" ci penseranno le movenze a passo di danza (stupendo lo scontro tra i due fratelli) di questi portuali dai busti ben delineati ma dalle fumose e turbolente spinte sessuali.
A ricreare uno spazio-tempo meraviglioso che non esiste, contribuisce il volto di Jeanne Moreau, unica, fiera e un po' sperduta, rappresentante del genere femminile (nonché il fisico statuario di Brad Davis, che è il fratello maggiore di Matt Demon, tra l’altro; scherzo).
Faticoso come un ottimo libro di letteratura greca, affascinante come le idealistiche statue dei più grandi scultori, deve essere visto proprio per ultimo, come sigillo dell'opera del grande regista tedesco. Il nastro sontuoso che non coincide col contenuto del libro che avvolge.
Ostico, omosessuale, poetico, pare sia stato creato per essere l'ultimo film visto da ognuno di noi.
(depa)
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