Si potrebbe scrivere per ore su "Lola", pellicola-testamento del regista bavarese Rainer Werner Fassbinder. Girato nel 1981, sembra il meno fassbinderiano ma, a ben vedere (e pensare), è quello dal sentire più sotterraneo del grande autore tedesco, scomparso proprio l'anno seguente.
I colori delle luci rosse-verdi-blu-gialle si susseguono intermittenti per tutto il film, spargendosi sui volti e sugli abiti del pubblico in sala...e nel bordello attorno al quale ruota la storia del film e del cinema...
Il pubblico pare cascarci (qualcuno sorride quando, invece, il sangue dovrebbe fermarsi), pare fare la parte dell'assessore al traffico, tanto ligio, quanto rincoglionito, di fronte ai veli e ai ricami della bella Lola (non è la Schygulla, infatti...). La seducente e semplice prostituta (il cinema che tutti acclamano e desiderano), ci prova anche a mettere in guardia l'allocco impiegato comunale, assumendo per un attimo le veci di alter ego del regista...ma non c'è verso. "Sono corrotta...faccio quello che mi dicono; sono solo una pratica" dice, "Ma sei così trasparente!" le/gli risponde l'ingenuo amministratore.
Le vesti che il cinema deve indossare sono proprio quelle della "puttana santa" di cui Fassbinder ci raccontò i retroscena, e dalla quale ci mise in guardia, 10 anni prima.
C'è un che di antipolitico, in questa pellicola: non nel significato abusato, in questo 2012, del termine, bensì in senso critico verso chi, utilizza il mezzo cinematografico regolando male volume e direzione del megafono, oltre che sbagliando le parole. Fassbinder, le sue "politiche" le ha sempre spiegate, non sbandierate; volantini consegnati a chi gli si avvicinava, non striscioni appesi a code di aereoplani roboanti, da dare in pasto un po' a tutti. Non mero snobismo, ma metodo costante, come la sua produzione.
Quindi, il film, che pare fatto contro voglia nella prima parte, così ovvio, lineare nel suo correre arraffazzonato dietro a meccaniche dissolvenze che suggeriscono un sogno che, purtroppo, sempre si realizza, dopo quella stupenda X rossa tracciata con rabbia sullo specchio dalla protagonista, mette in scena lo squarcio di ogni velo.
E la scena in cui Lola, disperata si strappa le vesti e si butta tra il pubblico, tragica buffona sulle spalle del potente, non punta tanto il dito sull'assessore deluso, come tanti, ennesimo Professor Un-Rath accalappiato per la cravatta, quanto verso lei. E vedere Fassbinder che urla rabbioso che Lola, La Settima, "non può essere che quella! Lo volete capire o no!?"...è un'emozione che toglie il respiro. Si trema e si piange, c'è poco da fare.
Alla fine, però, si ripeteranno le cerimonie dai vestiti bianchi e dai sorrisi deprimenti, ad inseguire una donna che, per quanto agghindata, sarà per sempre soggiogata a certi legami e, sempre, presenterà il conto...
(depa)
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