Scacco matto di Luchino

La sala Uander deve ammetterlo, dopo 225 minuti di pellicola cupa, avvolta da costante ombra sulla scena e crescente tenebra nella mente (mia e del protagonista), è abbastanza esausta: "Ludwig", datato 1973, è un film ambizioso, a tratti profondo, sul finire noioso.
Lo sapete, massimo rispetto per il Conte di Lonate Pozzolo, per il re del proscenio: disposizione perfetta di tutto ciò che si presenterà all'occhio dello spettatore, scenografia e attori, sincronia poetica tra oggetti e soggetti.
Però, questo film, qualche giro a vuoto pare farlo e il fastidio è doppio se si pensa alla lunghezza finale della bobina. In più di un momento ho avuto l'impressione che sullo schermo si stesse giocando una gara a due, tra Helmut Berger (certamente degno di tutti i premi esistenti) e il regista, una partita a scacchi tra loro, uno a provocare con una mossa sfidante, l'altro ad alzare ulteriormente la posta in palio. Il tutto in uno "scuro-chiaro" davvero pesante.
Il taglio poi sembra diverso che, ad esempio, quel "Senso" travolgente e travolto, sulla giostra anch'esso assieme allo spettatore. Sarà che qui il quadro è quello di reali "incestuosi e fratricidi" ("senza nemmeno sapere il perché"...) e non di un soldato semplice e una donna che ama con tutta sé stessa. Qui siamo di fronte ad un vuoto che Ludwig non sa come riempire. E il senso della passione diventa dell’angoscia, la follia d’amore follia e basta.
Quindi più tetro e introverso che roboante e passionale, come fu la pellicola esplosiva di quasi vent'anni prima, più bavarese che veneziano.
Comunque è un film di Visconti, fotogrammi che pesano e a tanti euro al chilo!
(depa)

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