Nel 1973, a colori, Kaneto Shindô percorse alcune linee del "Cuore". Capricci di vita e d'amore, diventano fatali, nell'incomunicabilità di una società divisa in classi. Fa effetto, vedere il raffinato e sfrontato discepolo di Mizoguchi toccare, con pastelli tenui, un piccolo dramma borghese. Ne esce limpido come al solito.
Dall'omonimo romanzo di Natsume Sōseki ("Kokoro"), sempre riadattato dallo stesso Kaneto. Ritroviamo le note di Hikaru Hayashi, altro grande interprete delle opere del regista nipponico. Il passato è di ciascuno, insondabile ma rappresentabile. Una casa vecchia può piacere. Shindo analizza l'impreparazione ai sentimenti autentici. Romanticamente, col cuore in mano. Verdissimo in quel punto del ricordo. "Un posticino tranquillo...nel centro di Tokyo!". Ma ecco I-ko, a scatenare le corde. E chi lo comanda? Pure il pianoforte...Chi si trattiene? Momenti liberi di smooth jazz, che smotta l'atmosfera, poi immobile.
Simboli si accavallano su onde liquide. Le bellezze sono in fiore. Voltano gli umori, che restano. Il romanzo c'è e si sente. L'amico pazzerello, la scontata gelosia nel triangolo rosa impacciato. Ma il tocco raffinato del regista lo alza più su. "Ambiguità è decadenza", ma nemmeno un flirt è il "Movimento Studentesco". "Tra amore e realtà", dolori, che non se ne vanno con un colpo di martello (per quanto ben dato).
(depa)
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