Per amor di Korean. Non sono opportunista (ma...). Mai sentita, fuori dal giro del coro, è stata colpa del regionale numero 8452 per Albenga (CANCELLATO), che la serie TV del momento, quale?, il peggiore, è riuscita ad entrare nella sala "Valéry". Infiltrata! Urlerebbero in molti, che pare proprio infilare il dito nella piaga di una società che non ha bisogno di meteorologi. Dopo 10 mesi, considerazioni su "Squid game", del regista e sceneggiatore Hwang Dong-hyuk, (Seul, classe 1971). Siam proprio dei calamari.
Gioco mortale per la sopravvivenza, atroce metafora dei nostri tempi, rappresi in società disumane dove, sotto il velo di uno svago biologico, dominano sopruso e prevaricazione. Lotta per la vita declinata a talk show per oligarchi, loro sì, internazionalisti.
Fece un certo effetto vedere questa realistica distopia durante i lockdown e la sola libertà declinata in lavoro e acquisto. A casa di Monzy a ragionare su quanto vissuto in piazza del Duomo. La domanda, atroce e inaffrontata sottesa alla pellicola: "Ma se la maggioranza è comprabile?", trova immediata risposta negli automobilisti urlanti di fronte ad un blocco di manifestanti, rimedia la plastica forma dell'abulica e servile "Maggioranza silenziosa" che tanti danni continua a provocare, "devastazioni e saccheggi" universalmente suffragati. Meno psicologico e più sociale di quanto vogliano dipingerlo, è una spietata allegoria sulle società capitalistiche d'ogni lati e longitudine. Accettata e assimilata, la logica economica ("cinismo, egoismo, interesse") ci butta in un'arena il cui fondo si intravede.
La sceneggiatura delle serie pretende i consueti rallenti, qui intrisi di contrappunti multicolori e omicidi. Accattivante meccanismo dei giochi di gruppo, morti senza frontiere, capitalismo olimpionico, si ritaglia anche un poetico e suggestivo anfratto d'una Corea che fu. Da succhiare in due giorni, per alzarsi ora e scendere subito.
(depa)
Nessun commento:
Posta un commento