Mala Merce

Anche in questo bollente luglio, è passato Kaneto Shindô. Abbassando la temperatura, lontano da affetti, ma senza piacere, in piena siccità relazionale. "Compendio" (t.o. "Shukuzu"), del 1963, è uno splendido quanto angosciante ritratto di geisha. Il patriarcato legittima "la bestemmia del commercio di esseri umani", nei secoli dei secoli. In famiglia e fuori, la donna è sola.
Dal romanzo incompleto del 1941 dello scrittore Shūsei Tokuda (1872-1943), riadattato dallo stesso regista di Hiroshima: "C'è stato un tempo in cui accadeva ciò...", sibila la didascalia iniziale. Storia di Ginko la calzolaia, delle sue memorie di geisha. "Peonia", usata, sfruttata, violentata. Merce, "alla griglia o cruda!". [Senza la moglie campionessa di Judo, tutto più facile per il "marito-padrone"] Shindo mostra il dolore dietro la maschera. Grande regia, capace di un linguaggio filmico cristallino. Ginko che lotta. Stare coi propri cari "è un lusso" (tornarvi solamente sul letto mortuario). Addirittura "A Takata, nell'Echigo". Altri nomi, umiliazioni. "Uomini e donne, una guerra". Essere felici è "come una bugia". Troppe fiducie tradite. Quindi, "Haruko". Fare "il mecenate, come contributo alla società". Verissimo. Sino al delirio, "per essere liberi". Spaventata, spezzata, svuotata, Ginko. Santa dei sobborghi. Miracolata, nella disperata povertà, tornerà al lavoro. Senza altrimenti. Tragedia familiare, sociale: già l'individuo non sopravviveva.
(depa)

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