Cena del cuore

Decisamente il luglio di Kaneto Shindô. Nel 1986, il regista della memoria, tornò al bianco e nero. L'occasione fu il ricordo, la giovinezza, la madre. "Albero senza foglie" ("Raku-yo-ju"), ma salde radici cui voltarsi, la solitudine tiene compagnia, parlando un linguaggio passato.
Giostre di bambini, quando gli anni cavalcano fantasie. Poi il giro termina, ancora sul monte Tateshina, settecentomila passi più in là. Prosegue il lungo  discorso del regista di Hiroshima sulla memoria. Il ricordo andato, il passato falciato, potato sfrondato (sterilizzato), nella consueta pulizia fotografica. "Eccolo! Il cocco della mamma!", fa sogni lattei, tra i fuochi fatui di mamma volpe. I silenzi di Shindo alternati come sempre alle musiche avvolgenti, intime, di Hikaru Hayashi (armoniche). Eleganza e naturalezza. Il posto dei cachi, "Mirikordo" giapponese. Rievocare, nella confessata "incapacità di buttare via". Un padre impassibile, pigro, apatico ("Ah, tsukaa"), "vivere di propri orti, avere un montone da dover vendere" (non se ne esce). Umiliazioni, smantellamenti, il dolore dei rimorsi. Sullo sfondo sempre il patriarcato
(depa)

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