Elena ed io chiudiamo luglio nella fida "Valéry", con "Foglio" che, ancora una volta, tiene per mano Ermanno Olmi. Il regista bergamasco, nel 1963, scrisse e diresse il suo terzo lungometraggio. Ancora sull'alienazione salariale, da Nord a Sud, per scoprire che la solitudine è una sola. "I Fidanzati".
Democrazia
Per amor di Korean. Non sono opportunista (ma...). Mai sentita, fuori dal giro del coro, è stata colpa del regionale numero 8452 per Albenga (CANCELLATO), che la serie TV del momento, quale?, il peggiore, è riuscita ad entrare nella sala "Valéry". Infiltrata! Urlerebbero in molti, che pare proprio infilare il dito nella piaga di una società che non ha bisogno di meteorologi. Dopo 10 mesi, considerazioni su "Squid game", del regista e sceneggiatore Hwang Dong-hyuk, (Seul, classe 1971). Siam proprio dei calamari.
Sirene di fiume
Con la frequenza di una sola al mese, spesso relegate nella piccola e torrida "Filmclub" da 4x10, esce nelle odierne sale cinematografiche una pellicola da procurarsi, tanta la "scimmia", poca la sostanza (che gira). Cinemadipendenti, martedì eravamo in tre per "La ragazza del fiume" (t.o. "Suzhou River"). Il regista è Lou Ye, classe 1965 di Shanghai. "Sesta Generazione" di registi cinesi, quelli del putrido di vita, nella limpidezza dell'immagine. L'Anno il 2000, quello dei capolavori, più che sul sentimento puro, sul puro sentimento. Il risultato è un flash indimenticabile. Chiedere al tempo.
Spiriti fermi
Nel 1973, a colori, Kaneto Shindô percorse alcune linee del "Cuore". Capricci di vita e d'amore, diventano fatali, nell'incomunicabilità di una società divisa in classi. Fa effetto, vedere il raffinato e sfrontato discepolo di Mizoguchi toccare, con pastelli tenui, un piccolo dramma borghese. Ne esce limpido come al solito.
Donne vendetta
Coi suoi viaggi orrorifici Kaneto Shindô obbliga a guardare nell'abisso. Nel 1968, il capostipite dei J-Horror psicologici nipponici, raccontò di "Un gatto nero in un boschetto di bambù", "Kuroneko" per gli amici (a.k.a. "Black Cat"). Lo spirito della donna insorge contro il monopolio della violenza.
Alienopoli
Di anno in anno, su, per il cinema italiano, "Foglio" mi pone davanti al 1961, ergo al neorealismo lombardo di Ermanno Olmi. Pellicola stupenda, per manifattura e calore, sullo scontro esistenziale tra campagna e città. "Il posto" è dove si va a cercarlo, suicidio non assistito che ancora condanna donna e uomo.
A tavola!
Western che bluffano, anche. Come durante il mio primo incontro col regista statunitense Fielder Cook (1923-2003), pescato a tarda serata, nel quale ironia e amarezza si mescolano nel mazzo. Del 1966, "Posta grossa a Dodge City" (t.o., più centrato, "A Big Hand for a Little Girl") scherza col gioco, poggiando sul confortevole panno verde di un tavolo di interpreti esperti delle regole.
Mala Merce
Anche in questo bollente luglio, è passato Kaneto Shindô. Abbassando la temperatura, lontano da affetti, ma senza piacere, in piena siccità relazionale. "Compendio" (t.o. "Shukuzu"), del 1963, è uno splendido quanto angosciante ritratto di geisha. Il patriarcato legittima "la bestemmia del commercio di esseri umani", nei secoli dei secoli. In famiglia e fuori, la donna è sola.
Es una comedia
In fondo all'orrido delle sale cinematografiche, Elena ed io abbiamo raccolto una bobina, ancora una volta, catalana. Commedia a sfondo sociale, dove le demagogie varie, nazionaliste e xenofobe, assumono la forma più diffusa e accettata, quindi perniciosa. "I tuttofare" (2021, t.o. "Sis dies corrents"), scritta, diretta e montata dalla regista, classe 1980, Neus Ballús, fa sorridere con qualche lieve spunto.
Guida folle
Chiudo l'escursione con Hiroshi Teshigahara, col suo tributo a un artista la cui visione è strettamente legata a quella, elegantemente e fatalmente volatile, del regista giapponese. "Antonio Gaudí", del 1984, scorre lungo le strabilianti linee dell'architetto catalano. Deviazione affascinante, viaggio ulteriore, nello spazio silenzioso della mente.
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