"Mi ci diverto!"

Lunedì scorso era il 7 dicembre, quindi auguri Prof.!, quindi all'Altrove, tutti assieme. L'occasione è una pellicola del 1968, diretta da Damiano Damiani: "Una ragazza piuttosto complicata" tratto da un soggetto di Alberto Moravia, è una liaison scanzonata e provocatoria in cui, come annuncia la curatrice della rassegna "Intolerance", è possibile cogliere una disamina metacinematografica sullo sguardo degli interpreti e una sulla crisi di virilità del sesso forte".
Gli originali titoli di testa a mo' di anteprima introducono a questo film che è del '68, indubbiamente: pop art, coscia lunga e sesso debole alla ribalta, tra sorrisi ambigui e le musichette dei film osé di quegli anni. Ribalta che gli è dovuta, se ad impersonarlo è Catherine Spaak, da sempre sfacciata e dominatrice sulla barricata di cadaveri nerboruti ed impacciati. E chi la ferma, con quello sguardo lì? L'orgasmica e capace attrice francese è nel suo.
Film dal caratterino pulp, reso dal contrasto tra il pathos (comunque allestito abilmente dal nulla) e la leggerezza dei dialoghi, spesso nulla più che un pretesto.
Sfrontata e sbarazzina nouvelle vague nostrana, esistenzialista e godereccia quanto basta. Poco importa, dopotutto, che qualcuna delle interpretazioni dia alla pellicola un aspetto scalcinato, da Serie B ("banalizzato e mal recitato" commenta il prof. Sini prima di andarsene, chiudendo con un elegante "il film è una cagata"); lampante nel caso dei due bellimbusti accorsi in difesa della candida ragazzina Viola De Sanctis; difficile pensare ad una svista degli autori. Meglio pensare ad una scelta stilistica. Damiani può vantarsi di aver diretto di tutto (da Volonté a Tomba). Il triangolo osé, così, non teme intrusioni e l'occhio dello spettatore è tutto per questa sexy pazza avventura (in particolare: sulle grambe della Spaak, o sul mini-bikini della brasiliana Florinda Bolkan). E poi, quante persone imbranate che, nella realtà, paiono sempre recitare, e male! Ecco, ancora un po' di metacinema.
A metà film, istericamente come dev'essere, lo schema si capovolge (una mezza magia, in effetti); le carte si mescolano causa "gioco non più bello" che scotta il dito.
Giallo acceso con sfumature rosa e linee astratte, sospinto da una provocazione femminile che, come spesso sembra, porterà a grossi fraintendimenti. Forse Damiani chiamò ai ripari: "Ocio, di questi tempi: limitatevi a guardarla!". Pure la protagonista Claudia sbaglia, quindi: il gioco sta proprio nel guardare: "perché se non lo tocchi, tutto avviene". Anche se non credo ad Alberto (Jean Sorel, fighissimo)...non l'ama, dice lui. Continuerà a travisare, a vivere una fantasia sbagliata: come tutti del resto.
(depa)

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