Martedì immacolato, mh sì certo; François Truffaut ormai è accampato in sala Valéry (Baracca, Elena ed io in sala), questa volta per raccontarci, freddamente, un folle amore celebre quanto nascosto, potente quanto non corrisposto. "Adele H. - Una storia d'amore", del 1975, ricorda che una sola passione, per quanto immensa, non tiene in vita, anzi...
Immaginate una donna persa d'amore; nel suo lento incedere riduce, passo dopo traversata, la distanza che la separa dal suo amato; lui se ne sbatte altamente e a lei non rimane che impazzire. Ah, sullo sfondo un '700 che puzza e va di corsa, ma che, almeno, dispone di una vasta gamma di sinfonie strazianti. Se quella donna è una ventenne da copertina, che so?, la parigina Isabelle Adjani, con doti d'attrice che stordirono il regista (e un bel po' di giurie), allora vi siete fatti un'idea di questa pellicola.
Una storia come tante, a ben vedere, molto lontana da uno qualunque degli schemi di rottura proposti da Truffaut nella sua carriera (narrativa e stilistica). Per me è stato uno shock difficile da attutire. Leggere "Truffaut" e trovarsi davanti "Hollywood", metterebbe alla prova chiunque. Il taglio registico, nei tempi, nelle scenografie, nella struttura e nelle recitazioni conducono direttamente oltre l'oceano (d'altro canto: "il costo della vita è alto, ad Halifax", nel '700 come nei '70).
Classico d'essai, forse troppo. Difficile affezionarsi al film o a qualcuno dei personaggi (anche il largo uso di voci narranti s'accontenta di un ascolto freddo). Descrittivo e approssimativo, è una versione della tratta amore-follia, guardando la quale non resta che innamorarsi di "Adele" Adjani (cosa che Baracca non ha mai cessato di fare) e della sua struggente interpretazione.
(depa)
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