Ieri sera, secondo appuntamento, al "Circolino" tra Martesana e Viale Monza, con "Woody il serio". Dopo il "doloroso" primo appuntamento, eccoci ad un incontro meno cupo e più graffiante, in chiave personale ed intellettuale: "Stardust memories", del 1980, è un'"8½" firmato Woody Allen, il posto silenzioso di fragole colte a modo suo.
Pellicola, tra le più criticate, che ci culla nel suo bianco e nero d'autore (lo statunitense Gordon Willis), conducendoci per mano tra le frustrazioni del protagonista, regista dalla fama comica desideroso di riabilitazione drammatica. A quanto pare, Allen negò il fattore autobiografico, perché non credergli? Di certo, lo stesso non ha mai negato le principali fonti da cui attinse la sua ispirazione artistica. E questa pellicola ne rappresenta un tributo consapevole e fascinoso. Non si tratta di citazione o richiamo, si tratta di riconoscere l'universalità di quelle passeggiate tratteggiate da grandi autori del passato, pur nella loro intima valenza, quindi in una riedizione aggiornata alla persona, in questo caso un regista assillato dai fans. Anche in questo caso, il sonoro ovattato ed echeggiante riconduce alle dimensioni della memoria e del sogno. Ironia presente (mi vengono in mente gli attimi finali, nel punto di contatto tra Louis Armstrong e "Dorrie" Rampling), ma meno incisiva; in questo film, più che altro, una costante condizione di accidia ed insofferenza che spinge a graffiare tutto intorno a sé. Il visivo ha la meglio sul parlato, la polvere rimane più a lungo, i suoni più difficili da ricordare. Composizione ad anello perché, ai nostri ricordi e pensieri, torniamo di continuo, azzeccandoci raramente; ridondante perché lo è lo show-biz.
Un Woody ironicamente polemico, autenticamente riconoscente.
Anche in questo caso, all'avvio, minuscoli problemi audio; altra indicazione, sorprendentemente necessaria: quando un inconveniente tecnico viene risolto, prego, riavvolgere e mostrare la parte compromessa. Bazzecole che sono campanelli d'allarme sulla concezione stessa di opera cinematografica che, ricordiamolo, è da intendere sempre come un tutt'uno compatto, dal primo all'ultimo...
(depa)
Un Woody ironicamente polemico, autenticamente riconoscente.
Anche in questo caso, all'avvio, minuscoli problemi audio; altra indicazione, sorprendentemente necessaria: quando un inconveniente tecnico viene risolto, prego, riavvolgere e mostrare la parte compromessa. Bazzecole che sono campanelli d'allarme sulla concezione stessa di opera cinematografica che, ricordiamolo, è da intendere sempre come un tutt'uno compatto, dal primo all'ultimo...
(depa)
Anche se il grandissimo regista di New York ha negato che fosse un film autobiografico a RastaBubu non la da a bere! :) Cioè... Prima o poi tutti i grandi autori comici sentono il bisogno di gridare: "io non so solo fare ridere!", come il protagonista di questa pellicola, che paradossalmente regala anche qualche bella ristata. Magari le reazioni e le sensazioni del regista non saranno state le stesse del protagonista, ma l'intento di sfogo liberatorio dalla gabbia limitante che da l'etichetta di "comico" è lampante. Fatto sta che il film mi ha gradevolmente intrattenuto. Un po' di Fellini di qua, un po' di Bergman di là e io ci ho visto anche una spruzzatina di Truffout. Un Woody Allen old style che non delude mai.
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