
...ma il padre del nostro, in realtà, stava più che bene, probabilmente lavorando su fantasmi e libertà. Intanto, l'allora quarantenne figlio più che d'arte si lanciò per la seconda volta in un lavoro proprio, con inevitabile influenza del babbo santone dell'assurdo. E visto che il figlio, basta guardarsi attorno, ha ricevuto solo scoppole dagli amici del papà, io antipatico mi metto a cercare il buono che c'è in questa pellicola, proprio come se l'avessi guardata con gli occhi rivolti al "vero" Buñuel, Luis.
A mio parere, la pellicola mostra più di un punto di contatto con l'arte del padre, non certo per i suoi affermati protagonisti, Ferdinando Rey e Catherine Deneuve (anche se quei visi, quelle espressioni, colti così, testimoniano, quantomeno, uno sguardo capace di mettersi nella posizione indicata dai passati lavori di Luis Buñuel). Il simbolismo e la sua componente sonora (gli "spari di fulmine" alla vista della Deneuve), in primis. Il montaggio audace per tradurre in surrealismo l'idea che abbraccia più concetti, in secundis. Tutti meccanismi che di padre in figlio, evidentemente, possono tramandarsi più facilmente che tra abitanti di pianeti lontani. Il figlio parigino ci mette anche del proprio. Da dove vengono quelle improvvise incursioni di colore? Tutta farina che vien dalla Spagna, quella che crea contrasti ricercati ed efficaci? Può darsi, io vorrei che qualcuno apprezzasse almeno la continua ricerca del ritmo (crescendo d'angoscia, nella casa del terrore) e l'impegno nell'architettare immagini che non fossero mai posate lì senza cura.
Chiaramente la sceneggiatura mostra più sfilacciature, ma guai a rimproverarsi di non capire (non esageriamo, come se il surrealismo disponesse di libretto d'istruzioni), è un divertissement anche questo ed io me lo sono gustato. Il diavolo porta gli stivali rossi? Quando il caso e il genio (con la sorellastra sregolatezza) s'imbattono nel diabolico disegno...ne verranno casi amari? Solo un'arte pura, popolare, può portare alla soluzione? Nel mezzo sta la felicità? Molteplici gironzoli...ma, alla fin fine, l'unico che se la porta a casa è lo zitto zitto Richard. Chicca per curiosi.
(depa)
A mio parere, la pellicola mostra più di un punto di contatto con l'arte del padre, non certo per i suoi affermati protagonisti, Ferdinando Rey e Catherine Deneuve (anche se quei visi, quelle espressioni, colti così, testimoniano, quantomeno, uno sguardo capace di mettersi nella posizione indicata dai passati lavori di Luis Buñuel). Il simbolismo e la sua componente sonora (gli "spari di fulmine" alla vista della Deneuve), in primis. Il montaggio audace per tradurre in surrealismo l'idea che abbraccia più concetti, in secundis. Tutti meccanismi che di padre in figlio, evidentemente, possono tramandarsi più facilmente che tra abitanti di pianeti lontani. Il figlio parigino ci mette anche del proprio. Da dove vengono quelle improvvise incursioni di colore? Tutta farina che vien dalla Spagna, quella che crea contrasti ricercati ed efficaci? Può darsi, io vorrei che qualcuno apprezzasse almeno la continua ricerca del ritmo (crescendo d'angoscia, nella casa del terrore) e l'impegno nell'architettare immagini che non fossero mai posate lì senza cura.
Chiaramente la sceneggiatura mostra più sfilacciature, ma guai a rimproverarsi di non capire (non esageriamo, come se il surrealismo disponesse di libretto d'istruzioni), è un divertissement anche questo ed io me lo sono gustato. Il diavolo porta gli stivali rossi? Quando il caso e il genio (con la sorellastra sregolatezza) s'imbattono nel diabolico disegno...ne verranno casi amari? Solo un'arte pura, popolare, può portare alla soluzione? Nel mezzo sta la felicità? Molteplici gironzoli...ma, alla fin fine, l'unico che se la porta a casa è lo zitto zitto Richard. Chicca per curiosi.
(depa)
Nessun commento:
Posta un commento