
Questa pellicola, che non annovererò tra le mie preferite del regista newyorkese, dimostra che la padronanza dello stesso del mezzo cinematografico, puntando e raggiungendo una vetta visionaria e immaginifica di prim'ordine, snobbando, mi viene da dire, gli elementi dell'intrattenimento più puro, dell'immediato. Vedere Di Caprio (come spesso, ottimo soprattutto quando "sopra le righe") perdersi nelle proprie spirali mentali, cosa che, qui sta il bello, ci assale quasi il dubbio che possa capitare anche a noi, è quanto di più fascinoso e inquietante si possa osservare. Vederlo interrogare demoniaci pazienti dalle reazioni più che prevedibili, qui viene il bruttino, non aiuta ad appassionarsi a questa storia. Scenografia che non lascia spiraglio ad un respiro, tutto è armonizzato per opprimere il protagonista nei propri angosciosi ricordi e negargli quella rimozione del dolore che solo potrebbe dargli tregua. E noi con lui, a tratti, rapiti da cupe vampe (...), ci sentiamo più indifesi. Il generoso pout-pourri di cliché di questo genere, esperimenti, comunisti e campi di sterminio, però, inizia un po' a stufarmi. Maccartismo, mkultra, lager...sappiamo fare molto "meglio"; lì, sì, che la paranoia è reale. Mi ripeto, grande Scorsese nel ricostruire un tutto orrorifico che, seppur composto ovviamente da altrettali coinvolgenti dettagli, si perde però in qualche farraginoso passaggio 1-2; l'orchestrazione resta notevole.
(depa)
(depa)
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