Gran bella prima con questo
magnetico e intrigante “Le luci della
sera” (2006) di Aki Kaurismäki.
Un film sull'etica morale e
sulla dignità anche di un uomo perdente, almeno secondo gli schemi sociali
imperanti. Un cinema essenziale, scarno, come se immagini, dialoghi e gesti
fossero passati a un vaglio finissimo per fare rimanere solo quello che è
importante.
Caratterizzato da una bellissima fotografia, dove le ombre sono più importanti della luce e dove il rosso ha un ruolo emblematico. Piani sequenza alternati col misurino tengono lo spettatore incollato allo schermo per capire cosa succederà a questa triste e sola guardia giurata, che appare tuttavia sicuro di se nelle sue centellinate e sconsiderate parole e azioni.
Caratterizzato da una bellissima fotografia, dove le ombre sono più importanti della luce e dove il rosso ha un ruolo emblematico. Piani sequenza alternati col misurino tengono lo spettatore incollato allo schermo per capire cosa succederà a questa triste e sola guardia giurata, che appare tuttavia sicuro di se nelle sue centellinate e sconsiderate parole e azioni.
Tutto trasuda tristezza e abbandono
nella vita di Koistinen. La sua disperazione fa paura e ciò che più spaventa è
il suo bisogno d'amore, di contatti umani, un bisogno che diventa debolezza e
viene sfruttato da persone senza scrupoli. Si fa dunque facilmente soggiogare
dalla bella Mirja, mentre basterebbe ascoltare i segni che la vita gli da per
seguire la giusta strada e lasciarsi andare alle persone che a lui tengono
veramente, anzi, a quell'unica persona che a lui tiene veramente, la dolce e
sensibile Aila.
Ma Koistinen, sotto
quell'aspetto remissivo e fatalista, andando oltre la sua debolezza, è una
persona orgogliosa e ambiziosa. Fino al finale e a quel primo e inaspettato
“resta qui!”.
Nella vita le cose più belle
spesso sono le più semplici da raggiungere. L’ambizione fine a se stessa porta
alla perdizione, porta a Babilonia.
(Ste Bubu)
Il tocco straordinario dell'autore finnico orchestra tutto: dialoghi, fotografia, scenografia, sceneggiatura.
RispondiEliminaMolleggiati e disinvolti solo verso il banco del bar. Proletaari ciarlanti di letteratura russa (classica). Luci che si spengono, giorni e vite che si danno l'arrivederci; corpi che debbono uscire dalla porta di servizio; esistenze da non riprendere colle videocamere (security); in città tutte uguali; solitudini che "-Devo partire! -Quando? -Subito!". Dischi rotti, bicchieri vuotati; sbronze ghiacciate, solide. Polizii. Stanca musica di consonanti. Dopotutto, brandelli di storia di Koistinen. Semplice, bellissima.
BellaBù.