Ieri sera con Valéry (la sala) eravamo in tre: Elena, Mino ed io. Rafforzati dalla zuppa di legumi preparata dalla prima (presi dal verduraio, lasciati in acqua ore e ore e con aggiunta di zucca), non c'è rimasto che attendere dinanzi allo schermo. Dopo aver visto e apprezzato il suo ultimo, la scelta è caduta su un altro lavoro del regista turco Nuri Bilge Ceylan, "Uzak" (2002). Lentissimo pedinamento di uno dei tanti, strappato alla propria terra e sbalestrato in cerca, ancor prima del pane, di una ragione, uno scopo. Coefficiente di difficoltà elevato, raggiunto solo in alcuni momenti.
Orbi da botte
Domenica scorsa, invece, in Pellicceria Occupata, quarto e ultimo appuntamento con "We still hate You Thatcher" (il terzo ce lo siamo "fumato"), interessante rassegna dedicata al cinema britannico a sfondo sociale Anni '80-'90. Pure Mino presente per "Niente per bocca", scritto e diretto dal londinese Gary Oldman nel 1997, pellicola tosta, che parte timida e chiusa, per poi assestare raffiche di pugni sul volto.
Divina sciocca
Ieri sera all'"Altrove" solito scontro, all'ultima pellicola, tra USA e URSS. La rassegna "Cold War" ha previsto prima la proiezione sovietica, con "Schiava d'amore" di Nikita Mikhalkhov (1975). Film ambizioso, visionario, surreale, grottesco, chi più ne ha più ne metta. Ecco, non drammatico. Veder per cedere. Logorante, solo a tratti gratificante, affresco in movimento sul cinema e sul suo strettissimo legame con la realtà.
Lo Spirito Franco
Venerdì scorso, usanza che Elena ed io apprezziamo sempre più, ci siamo diretti in quel di Sampierdarena a trovare gli "Amici del cinema" (sala F.i.c.e!), i quali propongono la rassegna di 4 titoli "La diva fragile", dedicata a Gene Tierney (1920-1991). Il secondo appuntamento ha previsto "Il fantasma e la Signora Muir", diretto da Joseph L. Mankiewicz nel 1947, e per l'occasione s'è unito pure Mino. Favola leggera resa "spessa" dal vuoto interiore che l'attrice statunitense, quasi un suo marchio registrato, lascia sempre intravedere.
Parliamone
La Sala Valéry non ci sta ad essere presa per i fondelli. Dopo la figuraccia di domenica scorsa, di fronte allo sguardo ironico ed alla ripetuta sarcastica di Mino ("che sballo"), si riprende il prestigio che le è consono. La "Palma d'oro" 2014 fu "Il regno d'inverno" ("Winter sleep"), scritto e diretto dal turco Nuri Bilge Ceylan, classe 1959, e finalmente ieri sera, in sala Elena, Mino ed io, tutti soddisfatti per questo intenso romanzo letterario, dai dialoghi alti e pericolosi, in cui i rapporti umani (borghesi) sono scandagliati con acume e ferocia.
Taxi a specchio
Il Cinerofum cerca di guardare in ogni direzione. Dalla preistoria cinematografica, nelle sue varie ere, alle recenti uscite ("quello che se po' fa'..." stabilisce lo storico monito del blog), quindi uno sguardo agli ultimi 20 anni, così ricchi e diversi per contenuti e stili. Michael Mann (Chicago, 1943) rappresenta uno dei prodotti della Hollywood che, tra le pieghe dell'action movie (genere così "disinvolto" negli anni Ottanta), vuole instillare solide qualità autoriali. "Collateral", del 2004, rappresenta un ottimo esempio di questo intento artistico.
Quale progresso?
Movie crossing. I ragazzi dell'"Altrove" offrono uno spunto, Mino si aggancia e, addirittura, fornisce. Ecco come vedo il cinema, scambio costante, innocente e superbo, di conoscenza, di film, di sale (cinem.) e di chiacchiere. Queste le mie figurine da scambiare. Poca spesa e arricchimento garantito. Veniamo a noi, anzi, a Sidney Lumet, il quale esordì dietro alla m.d.p. nel 1957, con "La parola ai giurati" (t.o. "12 Angry Men"). In sala Valéry, Elena ed io a seguire questo spietato scontro, tutti contro uno, intavolato dal regista.
"Ultimamente..."
Dopo "Quel pomeriggio...", accaldato e bestiale, s'è presentato all'"Altrove" Andrej Tarkovskij che, scegliendo l'argomento fantascientifico, ha spinto sul ring la bobina, rigorosamente versione integrale, di "Solaris". Del 1972, tratto dal romanzo scritto una decina d'anni prima dal polacco Stanisłav Lem, è un viaggio nello spazio della mente, in particolare del ricordo, magico marchingegno che tutto può realizzare.
Organizzala!
Altro giro di "Intolerance", ancora "Cold War". Sì, all'Altrove, come ogni lunedì. Ieri la sfida USA-URSS ha visto scontrarsi, a colpi di celebri opere, due registi "sacri" come Lumet e Tarkovskij. A salire sul ring per prima è stata "Quel pomeriggio di un giorno da cani", diretto da Sidney Lumet nel 1975. Una rapina andata a male, con tutta la disperazione...e la comicità connesse.
Rachitica sociale
Il secondo "capolavoro" visto ieri in sala Valéry è stato "The commitments" di Alan Parker. Lavoretto da domenica pomeriggio per ragazzi anche questo, che l'autore inglese scrisse e diresse nel 1991, racconta i sogni di gloria di un gruppo di dublinesi scapestrati, sorprendentemente indirizzati alla musica soul. Nonostante la distrazione, per Mino e me non è stato difficile cogliere l'ottima caratura di una pellicola leggera ma non per questo priva di molteplici piani di lettura ("E' evidente la cura riposta nella scrittura dei dialoghi, nonché la sottile critica sociale!"...puahahah), insomma un film di una bruttezza imbarazzante, che soltanto due artisti come quelli presenti in sala, possono volgere in vivace appuntamento.
Che sballo
Dopo il breve ma intenso soggiorno in quel di Cremolino (fraz. San Quirico) e il rimontone shock contro il Sassuolo, visto in Sud con papà (!), la sala Valéry non se l'è sentita di caricarmi ulteriormente d'emozioni. Pertanto, due filmetti della domenica, che altro non sono riusciti a fare che stuzzicare me e Mino ad una feroce ed esilarante ironia. Zero sconti, Mr. Peter Weir, il tuo "Green card", del 1990, è robetta per zitelle frustrate. Molti spunti interessanti in una commedia dall'apparente leggerezza (uizkomenò): che sballo.
Guardalo, ascoltalo!
Alla sala Valéry, ieri sera, è stata regalata l'illusione d'essere affollata. Poveretta. La presenza di Chiara e Mino le ha regalato attimi di vera commozione. Le lacrime, però, non han bagnato alcunché, raggelate dalla figura del folle protagonista e dalla cupa e braccata atmosfera di "La morte corre sul fiume". Opera unica dell'attore inglese Charles Laughton, datata 1955, è pervasa del carattere sfrontato e anticonformista dello psico-pastore, diabolico e sornione, interpretato da un grande Robert Mitchum.
Pacificone
In sala Valéry, saltuariamente, capitano DVD clandestini provenienti dal culture-crossing di qualche caruggio intelligente (cinema, letteratura, pittura...). In salita Santa Brigida la proposta è caduta sull'australiano Peter Weir e, in particolare, su "Gli anni spezzati". Pellicola del 1981 che, pur nella sua artificiosità, risuona come uno dei più accorati lamenti pacifisti.
Mai senza Martha
Dopo l'ennesimo viaggio a vuoto, compiuto venerdì scorso, verso gli Amici del Cinema di Via Rolando, Elena ed io non abbiamo mollato e, il giorno dopo, con largo anticipo, compresa la lezione, ci siamo presentati al cospetto del sacro maestro in Delicatezza e Ironia, Ernst Lubitsch. "Il cielo può attendere", del 1943, è commedia d'élite, opera di pregio e spirito d'artigiano attento.
E fattela sta barba!
In rappresentanza del Cinerofum, siamo stati due in trasferta all'Altrove, io ed Elena, per la rassegna "Intolerance: Cold War". La scorsa settimana m'era capitato in sorte il lato sovietico, questa lo statunitense. Ma la sfida, se così vogliamo chiamarla, ieri sera è stata impari. "Il giorno dopo la fine del mondo", scritto e diretto nel 1962 dal gallese Ray Milland (ben più noto come attore) , di sicuro non è da registro di conservazione. Tuttavia, pur con tutto il suo individualismo spinto, resta un film da avventura che ben pungola la fantasia.
Cloaca Viva
Ieri sera nella "Valéry" è tornato Akira Kurosawa. Il regista la cui arte fondeva maestosamente Poesia ed Azione, ha portato con sé "L'angelo ubriaco", pellicola del 1948 che, ancora una volta, ha emozionato la sala con eleganza e ritmo. Elena, Juri (novità!) ed io, a contemplare questa Settantenne più che mai moderna.
"Accendini, sigarette, bombe a mano"
Infine ho recuperato "La bocca del lupo", film-doc del 2009 del casertano Pietro Marcello. Per un caruggiaro era una mancanza che fiaccava la chiacchiera, aprendo un silenzio d'imbarazzo. Quindi, Elena alla mano, rinunciando ad un classico musical in un Cineforum poco più in là, mi sono diretto al Nickelodeon: mannaggia, perché il piatto piange davanti alla bocca dei suddetti. Marcello autore ambizioso di cui ho già commentato l'ultima opera, che reputo molto superiore a questa, a mio avviso qui si smarrisce lungo il concetto dell'opera.
Rimpianto e dolore
Intolerance all'Altrove. Vado. Al secondo spettacolo, la controparte sovietica della doppia proiezione in pellicola. "Quando volano le cicogne", diretto da Michail Kalatozov nel 1957 e che valse allo stesso la Palma d'Oro 1958, è un film dalla caratura lampante che conquista col fascino sotterraneo di un'opera artistica che emoziona e resta.
Magia di cuore
Dolce Tati, viene istintivo dirigersi dove fanno capolino pipa e impermeabile. Ogni volta che c'è un tributo per Jacques mi presento. Figurarsi, poi, se gli "Amici del cinema", in coda ai grandi successi dell'artista francese, propongono un film d'animazione tratto da una sua sceneggiatura. L'incontro tra il poetico mondo di Tati e quello altrettanto profondo e sensibile di Sylvain Chomet, genera una dolceamara d' illusione e povertà, amore e solitudine. Goia di vivere, con quel che si ha: "L'illusionista" (2010).
"Arricottaiene!"
Dopo aver apprezzato il suggerimento giunto tre anni fa da Yuri "Come On Doria" che, attraverso un affettuoso documentario, mi fece scoprire la magica epopea di uno stravagante cinema d'essai (...) fiorentino; dopo aver sorriso ed essermi commosso, dicevo, non ho potuto tirarmi indietro di fronte alla trasposizione cinematografica in "grande" stile. Quindi per sincera gratitudine, più che per sterile amicizia. Ma proprio perché spero che la nostra non sia sterile, Yuri, mi tocca dirtelo...deboluccio questo "L'Universale", uscito quest'anno e diretto ancora da Federico Micali.
Prega tu che mi vien da ridere
Lunedì scorso, saltato il calcetto e inventato il cinema in pellicola, non m'è rimasto che seguire le orme di Marigrade che, al grido di "gli argentini non tradiscono", mi ha segnalato tal "Il missionario - La preghiera come unica arma". Se non fosse che la pellicola è, in primis, paraguayana (produzione spagnola) e, in secundis, terribile.
Giallo di colpa a Liegi
Parliamo un po', da soli, dell'ultimo film di Jean-Pierre e Luc Dardenne, "La ragazza senza nome". All'uscita dell'Ariston, Elena così così, Mino entusiasta ed io tra i due. Dardenne anomalo? I puristi potrebbero storcere il naso. Marigrade, centrando, parla di respiro più angusto del solito. Ma, a mio avviso, quest'ultima opera è apprezzabile proprio per la sterzata con cui il cinema fortemente civile e psicanalitico dei fratelli belgi s'accosta al filone del giallo (grigio Liegi, nordico no Scandinavia), più prettamente narrativo. Si badi bene, sempre col loro stile.
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