Masse di edìli che guardano le natiche

In sala Ninna, la pasquetta col cinema di fretta, dopo un film un altro. Lina Wertmüller, nel 1972, girò "Mimì metallurgico ferito nell'orgoglio", passerella popolare della premiata coppia Giannini-Melato, con ottima creazione di atmosfere genuine e rabbiose, stupide e proletarie.
Al Cinerofum già vedemmo il film successivo e ne apprezzammo la fugacità delle passioni, la rapidità delle immagini. Oggi abbiamo deciso di proseguire, perché il sentiero è interessante.
Il film, come uso scrivere spesso, metto subito tutto sul banco, ci sono il lavoro e le idee, le prevaricazioni e le tradizioni. La musica accompagna le immagini, lungo la risalita di Mimì sullo lo Stivale, viaggio condensato nelle note e nella nebbia.
Il "Mi me?" della Melato. Il suo amore per quel "testùn", tante idee, tante passione, roba "impurtant". La sua insuperabile richiesta d'amore, uno spogliarsi autentico, nella più divide. Da pelle d'oca gli attimi tra Mimì e Fiore, soli, veri, senza agenti esterni. Splendidi momenti.
Musiche sinfoniche che, solo a Torino, possono accompagnare la malinconica passeggiata di un metallurgico, quella nebbia che senz'altro può creare un mondo a sé in pochi metri quadrati, lì dentro ci può essere tutta la rabbia della fabbrica. Musiche sinfoniche che, solo a Catania, sono interrotte da bambini festanti, dall'ennesimo scompiglio.
Cinema di quelli che esistono davvero, che parlano col quotidiano, che sentono col profondo. Chi intende la felicità in un modo, chi nell'altro, chi è femmina, chi è maschio. Il conflitto Sud-Nord diventa quello passione-lavoro, poi "famiggia"-libertà, onore e mafia. Il lavoro può essere passione (e viceversa), così come la mafia può, erroneamente, esser confusa con onore.
Il linguaggio (nei suoi dialetti) diventa mezzo, le facce del popolo manifesto, le usanze e gli atteggiamenti si fanno interpreti delle varie latitudini, dei territori e delle loro espressioni, con denominatori primordiali ben consolidati. Il cinema della Wertmüller lancia e spacca piatti, urla e si spoglia bestialmente, Ironia e gioco della vita, regia dei normali e, quindi, dei nessuno (poiché nessuno è normale). Tanto individualismo sullo sfondo di ideologie invasive, per quanto sincere e mature.
A pochi mesi dalla scomparsa dell'attrice milanese, scrivo che questo film mi è piaciuto ma, negli attimi senza l'attrice milanese, qualcosa in schiettezza e profondità si paga.
Risoluzione affrettata come le iniziative dell'uomo, come i suoi affetti, le sue emozioni. Bubu finisci tu, ti prego...
(depa)

1 commento:

  1. Le mie impressioni… All'inizio del film ho temuto che si sarebbe concentrato tutto sulla passione trai due protagonisti, invece indaga tutti gli interessanti temi e situazioni da te citate in modo chiaro e vero, il ritmo è buono e me la stavo godendo...
    Quella nebbia di Torino in cui si trova Mimì, catapultato lì dal suo piccolo caldo paese "siculo", dà il senso di perdizione dell'operaio costretto ad emigrare al nord ed è devastante, tanto da farlo finire nelle braccia della stessa “mamma” da cui era scappato.
    Mafia, sindacati, lavoro in fabbrica, politica e Mimì che si costruisce anche gabbie mentali di passione e orgoglio. I sentimenti di queste piccole e grandi tragedie popolari arrivano forti e chiari grazie ad una sceneggiatura piena di avvenimenti, l'orgoglio di un grandissimo Giancarlo Giannini e la passione dell'affascinante e brava Mariangela Melato.
    Secondo me, insomma, è un bel film... perfetto per concludere la giornata in sala Ninna... prima della ninna...

    RispondiElimina