In sala "Brigida", sabato pomeriggio, è ritornato il regista tedesco che emozionò fortemente la sala Uander con quell' "Aurora" carico di sentimento e creatività. Cinque anni prima, nel 1922, Friedrich Wilhelm Murnau attraversò i meandri dell'orrorifico, lasciando una traccia indelebile nell'immaginario di ciascuno: "Nosferatu" è "Il Vampiro" che atterrì per primo il pubblico delle sale cinematografiche, dando corpo al celebre conte Dracula dello scrittore irlandese Stoker (scomparso 10 anni prima).
La particolarità della caratteristica artistica del regista di Biefeld esonda in questa pellicola, rendendola difficile da catalogare ma, proprio in quanto espressione unica e propria di Murnau, ancora più affascinante.
Perché è vero, molto espressionismo, ma non a 360°, a briglia sciolta, bensì incanalato nel quando, nel dove serve. Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, il racconto non sarà avvolto nella penombra; non sarà il sangue a diffondere il terrore. Non solo; non tutti i personaggi saranno caratterizzati da dettagli e trucchi accentuati (caratteristica base della corrente espressionistica). I giochi di luce e ombre entreranno in gioco proprio per annunciare la presenza del mostro notturno. Ecco l'originale scelta che balza agli occhi. Nei momenti "di calma", la pellicola sarà aderente alla corrente del "kammerspiel" ("cinema da camera"), primi piani per sondare il terreno che verrà travolto dal terrore. Questa mescolanza conferma la verve creativa che raggiungerà il culmine nel già citato "Sunrise".
La fusione tra i due stili, che hanno punti in comune sia nella tecnica, sia nei contenuti (simbolismo), ha dato forma a questo film di cui, certamente, ricorderò soprattutto la scena della caduta in trappola del mostro, con l'ombra degli artigli che sale sulla bianca veste della coraggiosa ragazza dalla faccia pulita. Il contrasto è grande, il ribrezzo leva il respiro. Al di là delle tante possibili letture, il conte Orlok e l'orrore ch'egli porta con sé (annunciati da funesti presagi, accentuati dalle sue stravaganti "movenze" del conte, dal suo aspetto e da una breve sequenza "in negativo" nel bosco che conduce al castello), sono richiami alla tragedia della peste. E hai voglia a trovare una ragazza che trattenga il conte sino al canto del gallo...
(depa)
Incredibile originalità nel proporre la storia: il vampiro visto come un male contagioso nella comunità/società e che “solo una giovane donna dal cuore puro” può fermare…
RispondiEliminaA parte questo pensiero (per altro, come sa Depa, mezzo suggerito sabato sera in Buridda), nulla da aggiungere all’esauriente e acuta recensione totalmente condivisa dal sottoscritto.
Solo, a mio gusto, il vampiro che gira con la bara sottobraccio non si può vedere.