Ieri sera, in sala Uander, io ed Elena a portare avanti il discorso serio, pesante ma sincero, che Ingmar Bergman introdusse al Cinerofum tanto tempo fa. Nel 1972, "Sussurri e grida" confermò la caratteristica intellettuale e didascalica del suo cinema ("salottistico" esiste?), ma quanta forza e che eleganza...
Grande capacità di costruire (il rosso dominante, disperazione e vergogna che accecano) e rendere (i volti sempre presenti a ricordare lo sgomento) la tensione emotiva dei protagonisti.
Sequenze che, tra una sonata e l'altra (che paiono dolci, ma che racchiudono un nucleo avvelenato), riescono a sterzare bruscamente, a far provare allo spettatore un vertiginoso senso d'angoscia (quella in cui le due sorelle vanno a chiamare la domestica per l'aggravarsi delle condizioni della sorella Anna: l'entrata nell'appartamento buio, con la m.d.p. che inizialmente segue le due figure femminili, svolta a destra, poi le lascia andare, resta ferma a guardarle sparire laggiù, nell'oscurità, nelle loro tenebre).
Emerge la grande padronanza tecnico-espressiva del regista: vuole un effetto sullo spettatore? Disporrà così gli oggetti, così la cinepresa, il movimento macchina sarà quello e tac, otterrà proprio quella reazione, col determinante ausilio di attrici che provengono da grande gavetta teatrale. Tra queste mi ha colpito in particolare la fredda Ingrid "Karin" Thulin, "feticcia" del regista svedese: nella scena del suo rifiuto del contatto della sorella, il volto si fa vero e proprio mezzo della sua arte.
Pellicola sulla sofferenza, passione, nostalgia e rabbia ("la vita è solo un insieme di bugie"). Sul moto perpetuo che sfianca le esistenze. Parole femminili e che, in questa opera, hanno volti di donna.
Agnese, Maria e Karin hanno dentro grida silenziose che affiorano in sussurri strazianti; le prime negli occhi, i secondi tra i denti. Altro che "essere grati alla vita"...
(depa)
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RispondiEliminaDefinirei questa pellicola un esempio di settima arte "viva e profonda".
RispondiEliminaUn'emozione dietro l'altra grazie ad una sceneggiatura molto forte, la geniale creatività di Bergman alla regia e una recitazione da parte delle interpreti perfetta, il tutto accompagnato da una suonata di pianoforte dolce e inquietante nello stesso tempo. Insomma, condivido la recensione di Depa.
A proposito della recitazione da parte delle interpreti, a me ha colpito in particolar modo anche la bravura di Liv Ullman (Maria) nella recitazione "non verbale". In particolare, in quella scena dove il dottore ne descrive nei minimi dettagli i lineamenti e l'espressività del volto associandole a emozioni e sfaccettatura del carattere di lei, io quest'ultime le ho viste tutte pefettamente! Incredibile! Veramente le si leggevano sul viso! Sono rimasto a bocca aperta!
Una pellicola da 10!