La nebbia è femminile

Ieri pomeriggio, allo spazio Oberdan, ho avuto l'occasione di vedere l'ultima opera di Michelangelo Antonioni, realizzata nel 1982 (successivamente, infatti, verranno: una co-direzione con Wenders, 13 anni dopo, e una partecipazione episodica, addirittura 22 anni dopo). "Identificazione di una donna" è un film difficile da analizzare, ma proverò a buttare su bit, 1 su 0, qualche impressione.
La prima sorpresa è l'irriconoscibile Tomas Milian, cubano di nascita (1937) ma "de Roma" di fama, cui è affidato il ruolo di protagnoista. Poi "Er Monnezza" ci riporta coi piedi per terra e ci spiega perché, solitamente, è chiamato per tutt'altro tipo di pellicole: la sua prova mi è parsa...non insufficiente, bensì troppo accademica (viene dalla "Actor's Studio", tra l'altro); è vero anche che il suo accento ispanico non lo aiuta, nel restituirci in maniera sincera una figura "nostrana" (invero, il regista solitamente è una persona affettata...).
Poi ci sono le donne, di tutti i tipi, età, estrazione, questo misterioso mondo di cui il grande regista ferrarese amava ogni aspetto ed essenza; ed è a loro, in primis, che è dedicato questo film. Non a caso "Niccolò" Milian è un regista alle prese con il volto femminile, sorta di alter-ego (speriamo di no!) del perlustratore Antonioni del "Pianeta Rosa".
Pellicola che tinteggia affascinanti simbologie, scandite da un ritmo, quello dell'irrequietezza dell'uomo di fronte all'ignota nebbia femminile, che tiene ottima compagnia durante le due ore di pellicola.
Sul finire, lo spettatore è un po' indispettito dal girare a vuoto che, a differenza dei grandi film del regista, non fa presa; e forse, anche da alcuni dialoghi abbastanza mal riusciti, con pretenziosi excursus filosofici che, però, non spiccano quasi mai il volo. Questa pellicola rappresenta comunque un'altra finestra sul punto di vista di Antonioni sull'inavvicinabilità della donna da parte dell'uomo ma, anche, del fascino dell'eterno tentativo dell'uomo di avvicinarsi a quel Sole che brucia a milioni di gradi.
Non credo che sia passato alla storia come opera ineccepibile (nei contenuti; lo stile, seppur edulcorato, è quello solito), ma è un film più che godibile.
(depa)
ps: chi mi spiega quella del "coso" sul ramo?

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