A Weimar si mette male

Cinema nella Repubblica di Weimar vuol dire anche "L'opera da 3 soldi" e, anche, Ernst Pabst; quindi, soprattutto, Bertolt Brecht. Nel 1931, tre anni dopo la celebre opera teatrale, Pabst realizzò questa elegante quanto agghiacciante trasposizione cinematografica, con scenografia cupa e caratteri diabolici, senza luogo e tempo, in cui la linea che separa guardie e predoni è così sottile da generare un caos che nessuno potrà arrestare. Allo "Spazio Oberdan", qualche settimana fa, in scena un frammento sontuoso e tragico della disfatta umana.

Provvedere da sé

Al "Circolino", penultimo appuntamento con "Il Dopoguerra nel cinema italiano" ("70 anni di un anniversario da non dimenticare"). Nel 1948, Lugi Comencini girò una pellicola dedicata alla categoria più debole nel momento più tragico. In "Proibito rubare", i protagonisti sono gli scugnizzi di una Napoli in macerie; visi sporchi e ginocchia sbucciate, la vera anima di una complessa ricostruzione.

Cari dolci sogni

Ci siamo. Prima recensione dalla Sala Porty Hostel  in 33A East Palm Avenue, Port Antonio, Portland, Jamaica.
L’ostello non è ancora avviato e sto ancora aspettando i vari permessi, quindi, ad oggi, rimane una casa semi vuota, una stanza con materasso per terra e tv sostenuta dalla sua scatola di cartone e un sogno... 
E’ importante saper coltivare “L’arte del sogno” (Michel Gondry, 2006) e non accontentarsi della realtà che ci viene proposta dal caso o dalle convenzioni, una realtà che spesso non ci piace e che vorremmo migliore, più comoda, più a nostra dimensione e a nostro piacimento o semplicemente diversa. Si può provare a realizzare il sogno oppure rifugiarci tra le braccia di morfeo e vivere i nostri sogni come reali, facendoli tali nell’emozione del momento e rendendoli propri nel ricordo. Quest’ultima è la strada percorsa da Stephan, che non sono io anche se qui mi chiamano quasi tutti così, bensì il protagonista di questa originale e accattivante pellicola.

Miles and miles of darkness...

Finalmente. Mi sono imbattutto nel regista più citato in quel volume Einuaidi, "Il cinema e le arti visive", che mi capitò tra le mani grazie ad Elena. Al solito, merito dell'"Oberdan" che, come un papà premuroso, mi segue nel percorso di crescita, esaudendo puntualmente ogni mia sete curiosa. Il gallese Peter Greenaway, classe 1942, con "Nightwatching", pellicola del 2007, riportò in vita l'olandese Rembrandt e ci immerge nella sua cerchia e, soprattutto, nei suoi colori, nelle sue luci, nelle sue forme e compisizioni...

Arf Arraffa nella pineta

Terzo incontro, lunedì scorso, con "Il Dopoguerra nel cinema italiano". Sì, al solito circolo, all'incrocio tra la bella Martesana e l'orribile Viale Monza. In programma c'è stato "Tombolo - Paradiso nero", film del 1947 diretto dal perugino Giorgio Ferroni.

Taglione ha gambe belle ma corte

Continua, in sala Uander, la perlustrazione dei film consigliati da un collega; basta sceglierli con cura, film e colleghi. Stasera, io ed Elena a vedere il film più celebre di un regista inglese, altrimenti scomparso senza che il proprio nome restasse. "Carter", del 1971, fu diretto da Mike Hodges, ma capitanato dal connazionale Michael Caine, è un film in cui il classico tenebroso giustiziere fai da te, trova paesaggio perfetto in una sordida New Castle senza alcun raggio di sole.

Basta scappare

Ieri sera, al circolino, secondo appuntamento con "L'Italia nel Cinema del Dopoguerra". In scena un'opera del torinese Mario Soldati (1906-1999), scrittore, giornalista e, appunto regista. "Fuga in Francia", del 1948, affresca un paese che tenta di fare i conti con se stesso.

Wenders goes to Hollybud

Allo "Spazio", ieri sera, s'è tornati al Wim Wenders del primo periodo; di quando, poco più che trentenne, entusiasta di poter coronare il sogno di abbracciare la Hollywood dei suoi maestri, con fare un po' spavaldo, un po' presuntuoso, si preoccupava di fare ciò che, dopotutto, non cesserà di fare: "Io vengo dal nuovo cinema tedesco, sono tra i grandi tedeschi, e oltreoceano mi rispettano, beccatevi questo film molto particolare". Insomma un Wenders che fa quello che, in barba alla primissima reazione di pubblico (non grave) e critica (già più). Nel 1977, con "L'amico americano" coronò il sogno di un thriller all'europea, fuori dagli schemi, che abbracciasse Amburgo e Dennis Hopper, New York e N. Ray, Parigi e Samuel Fuller.

7 ed 1 peccati

La scorsa settimana, in sala Uander, la Ele ha fatto notare: "In tele c'è Seven...". - "Ah" ho risposto; " ...e quindi?". Lei, di rimando: "Boh, visto che, al cinema, abbiamo visto un film di quel tizio là...". E allora vediamolo, un altro film dello statunitense David Fincher...correva l'anno 1995.

Blind Willie Johnson, Skip James & J.B. Lenoir

Venerdì scorso, Spazio Oberdan in versione Blues, ma quella tosta, autentica, con note parole, personaggi ed immagini che fanno vibrare pelle e soul. Sempre lungo il percorso delle opere di Wim Wenders, chi era in sala ieri (anche la vecchietta che parla da sola, sempre seduta rigorosamente alle mie spalle: vi amo tutti oberdaniani!), s'è imbattuto in un'emozionante pellicola dal sapore dolce amaro, lo stesso sapore che s'alza dalle parole di tre militi ignoti del Soul: Blind Willie Johnson (1897-1945), Skip James (1902-1969) e J.B. Lenoir (1929-1967), all'altare ormai dimenticato dei quali, s'apprestarono, commossi e rapiti, tutti i più grandi posteri della musica Blues. "L'anima di un uomo", del 2003, testimonia di un Wenders in ecstasy artistica, nella quale, pure io, sono caduto in pieno. Grande.

Italia terra minata

Al cineforum del Circolo Familiare di Unità Proletaria di Viale Monza, ieri sera, ha preso il via una serie di incontri dedicati a "L'Italia nel cinema del dopoguerra". Il primo appuntamento è stato presieduto dal regista laziale Giuseppe De Santis, allora esordiente, con "Caccia tragica"; pellicola del 1947, in cui emerge lo scontro fratricida dei reduci e dei superstiti, di chi cerca di risollevarsi, ricominciare, chi a testa alta, chi con la coscienza lercia.

Cosa ci annienterà

Allo Spazio Oberdan, un altro capitolo del cinema della Repubblica di Weimar: "Il Golem - Come venne al mondo", diretto dai tedeschi Paul Wegener (1874-1948) e Carl Boese (1887-1958); racconto fantastico ambientato in una Praga dall'architettura gotica e presaga di orrori tutt'altro che immaginari.

"A volte mi fai impazzire...!"

Spazio Oberdan in pieno Wim Wenders. "La paura del portiere prima del calcio di rigore", del 1972, è il secondo lungometraggio del "nuovo" regista tedesco e nasce dalla sua collaborazione con lo scrittore Peter Handke (come avverrà per quel "cielo berlinese", con risultato ben più alto). Scoperto questo dettaglio, leggendo la prima riga della sinossi, sapevo a cosa andavo incontro...

"Se vuoi uomini sapeste..."

Finalmente. La Sala Uander ha portato a termine il viaggio nell'opera del grande regista newyorkese Stanley Kubrick, giungendo al tanto discusso "Eyes wide shut", del 1999. Sguardo ampio nel torbido intimo umano, dell'uomo voluttuoso provocatore falso debole di questi tempi foschi, in cui tensioni animalesche sono in perenne lotta, tra morale ed istinto, propendendo inesorabilmente, socialmente (addirittura istituzionalmente) per quest'ultimo. Il sesso impera ed un'esistenza priva di appigli, permeata da un tedio vuoto ed inconsapevole, ci divide.

Salgado immortala

All'"Oberdan" è tempo di Wim Wenders. Tra le opere del regista tedesco in programma, c'è anche l'ultima, "Il sale della terra" (2014), documentario biografico, quindi fotografico, dedicato al fotografo brasiliano Sebastião Salgado, classe 1944. La sensibilità dell'artista cui è dedicata questa grandiosa mostra fotografica on movimento, s'incontra con quella del regista che, assieme al figlio di Salgado, è abile a catturare le sfumature più affascinanti e le linee più aspre.

Ah quando s'alza il vento!

Sempre settimana, sempre scorsa, sempre "Oberdan". Il caro vecchio "Spazio" propone l'ultimo film di di Hayao Miyazaki, "Si alza il vento", del 2013. Il solito vento, la solita acqua, i topoi delle opere del regista d'animazione giapponese, assieme al volo (sogno), vengono qui immersi nel reale, infiammato da devastanti terremoti e, soprattutto, da assurdi scontri bellici. E il risultato è, a parer mio, il suo migliore lavoro, intriso di speranza e rassegnazione.

"In magica celluloide"

Sono passati 5 anni da quando lo vedemmo, intorno al XXV° appuntamento del Cinerofum. Rimanemmo un po' perplessi, ecco la causa di quella hyper-fava nell'ormai storico storico delle proiezioni. Quindi, andare a ripassare la lezione allo "Spazio Oberdan" è mio dovere; Tuttavia, nonostante il tempo passato e, soprattutto, la pellicola dispiegata, "Lisbon story", diretto da Wim Wenders nel 1994, continua a lasciarmi qualche dubbio, combattuto tra la stimolante sensibilità e la fastidiosa astuzia dell'autore tedesco.

Famiglia sporca di panna

La scorsa settimana, essendo lunedì e trovandosi in programma, sempre al "Circolino" e sempre all'interno della rassegna dedicata a "Woody il serio", uno degli Allen che compresi meno, "Sogni e delitti", del 2007, sono uscito nonstante il freddo e il trambusto fuori, sicuro di ritornare a casa, distratto e soddisfatto.

Arrivano gli eroe!

Ovviamente siamo finiti in quella sala del "Cineplex" soltanto a causa di due biglietti regalo (grazie comunque al collega Ciccio!). Poi, un po' per curiosità, un po' per masochistico senso di sfida, poiché quel geniale critico del week-end (tivù spazzatura) l'ha definito "cinema con la 'C' maiuscola", "meno superficiale di quanto sembri", sino a proclamare che "Angelina Jolie non sfigura dietro la m.d.p...un'altra dote da aggiungere alle sue già numerose" (due di sicuro, aggiungo io). Con la Ele meno timorosa del solito (sigh, peggio per te!), eccoci di fronte ad "Unbroken", seconda prova alla regia della bonazza statunitense, su di un'inspiegabile sceneggiatura dei Coen...

Quella sbagliata

Giovedì scorso, al solito prezioso "Spazio Oberdan" di Porta Venezia, era in programma un appuntamento della rassegna dedicata al cinema della Repubblica di Weimar (1918-33), intitolata "Da Caligari ad Hitler". Periodo cinematografico fruttuoso e scalpitante, cui appartiene anche "Asfalto", intenso dramma urbano diretto dall'austriaco Joe May, nel 1929.