
Una regia che s'appoggia mollemente sulla fotografia di qualità, dettata dai forti contrasti e dal sapiente utilizzo delle luci. Qualche esercizio con giochi di specchi e montaggio creativo ed ecco una pellicola bohémien per tutti i cinefili più incalliti.
Per il resto, per lunghi tratti non c'ho capito un'emerita fava; poco male, ho impiegato il tragitto di ritorno a casa per rimettere assieme i pezzi (non più di una ventina di minuti, comunque), cogliendo però subito il fastidioso vezzo di voler raccontare un malessere umano in un salotto letterario cosparso di mobili falsamente a basso costo. Con un Dennis Hopper in gran forma che, ai miei occhi pare uno stallone che scalpita su di un prezioso tappeto persiano ("L'americano" ha un altro passo, è evidente). Oltre ai suddetti grandi registi americani, viene disturbato persino il genio "Hitch", senza che se ne sentisse alcun bisogno (le sequenze delittuose, soprattutto quella sul treno). Wender rapito da e che sequestra Hollywood, pagando il conto, però, in autentici marchi tedeschi. Una sorta di New Deutscher Movie che sa di pizza coi wurstel (da bere: radler, ovviamente).
Poniamo che sia una parodia, cristallizzata, della disperazione che spinge a gesti estremi, va bene; ma è tutta una farsa.
(depa)
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