Riandare

Rifare. Dieci anni dopo. Per tributare, ricordare, riscuotere. Rivisitare? Nel 2013, Spike Lee ripose mano a quell'"Oldboy" che dalla penisola coreana scosse le sale cinematografiche (come l'"Odeon" di C.so Buenos Aires). Il regista newyorkese percorse con agio le lande funeste dell'odio, rivestendole d'autentica fattura americana. Tragedia d'uso rapido, come vogliono i tempi.
Basta leggere la storia che sta dietro alla produzione di questo remake, per farsi un'idea della scarsa identità tra regista e pellicola. Lavoro profit, ne mostra le lacune, coi personaggi vuotamente pop, distanti dalla cupa aurea orientale.
E' il turno del californiano, classe 1968, Josh Brolin. Il fisico c'è. "Screenplay by Mark Protosevich", chicagoano classe 1961, con poca e scarsa roba nello zaino. Siamo nel 1993 e c'è gente strana in giro. Si sarà ben divertito, Spike, nell'incorniciare questo oscuro fumetto di revenge. Nei suoi USA. I crimini "cotti e mangiati" serviti quotidianamente, pranzo e cena ("Buonasera dal TG..."). "Sei Bill Meyer, Scott Marshall?". Un nome vale l'altro. Exploit di vendetta. Bella la variante verticale e con qualche parallasse in più della (evo videoludica, tra "Donkey kong" e "Golden axe"). Aloni rosso versi blu (il fumo è blue). La scrittura semplificata perde in atmosfera, prende in snellezza. Il piano sequenza finale, omicida e suicida, della strage lussemburghese (nomen...amen), impreziosì una pellicola che, secondo me, ne aveva bisogno
(depa)

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