Il terzo lungometraggio, in concorso, presentato al Trieste Film Festival di quest'anno (2021), è stato un rigoroso bianco e nero sull'amore in guerra fredda. La gioia di vivere impantanata nella disumana demagogia. "Francuz" ("Il francese"), pellicola russa del 2019, scritta e diretta dal moscovita classe 1941, Andrej Sergeevič Smirnov, pare una lezione di cinema.
Tra nebbia e vento
Partito bene il 77° Trieste Film Festival, quest'anno online e, duole molto, ma cinquecento e rotti chilometri non son quisquiglie. Dall'Azerbaijan è arrivato sugli schermi, dunque, "Səpələnmiş ölümlər arasında", e beccatevi sto titolo!, del 2020, di Hilal Baydarov. Pellicola intrigante, parabola macabra sulla linea sempre più sottile che separa, e unisce, vita e morte.
Uno dopo tutti
Leggi Romeo Marchent è, oramai, ti soffermi. Poi scopri che è il fratello minore (1926-2020), del regista di Madrid di recente passato dal 'Rofum. "La preda e l'avvoltoio" (t.o. "Un dólar de recompensa"), del 1971, di Rafael Romeo Marchent, è un western iberico classico, nemesi da Far West, bella e micidiale.
Poquer Dallas
Ma grandi, titoli a caso, alèèè! "Il mio nome è Scopone e faccio sempre cappotto", del 1974, è uno Spaghetti Western così stupido da non meritarsi nemmeno questa categoria. Eppure, il poster di Anthony Steffen e di Fernando Sancho non li tocchiamo. Perché Juan Bosch s'era limitato a chiamarlo "Dallas" e perché non ce ne frega niente. W Lumacone!
Coraggio e zio fà
A volte va così. Addirittura più scelte. Elena conosce la strategia, una pellicola fugace dev'essere colta. "RaiMovie" propone uno degli ultimi Gary Cooper, diretto dal newyorkese Robert Rossen (1908-1966), uno da Oscar (1950). "Cordura", del 1959: western psicologico, con tutti i limiti del termine. Grandi quesiti, piccoli uomini: finirà in malora.
Riandare
Rifare. Dieci anni dopo. Per tributare, ricordare, riscuotere. Rivisitare? Nel 2013, Spike Lee ripose mano a quell'"Oldboy" che dalla penisola coreana scosse le sale cinematografiche (come l'"Odeon" di C.so Buenos Aires). Il regista newyorkese percorse con agio le lande funeste dell'odio, rivestendole d'autentica fattura americana. Tragedia d'uso rapido, come vogliono i tempi.
W di Vendetta
Una settimana fa lessi "Umberto Lenzi". Poi "Una pistola per cento bare". Ormai, sento odor di spaghettucci, zac!, gambe sul divano. Il poliedrico regista grossetano (1931-2017), specialista in thriller e polizieschi spietati, nel 1968 si cimentò in un western italospagnolo che racconta di una rabbia non rilegabile.
Sentirsi morti
Mica si ferma. Speriamo, anzi, nel 2021 all'altezza del precedente (che non c'è). Si prosegue con Lina Wertmüller. Su "Cine34", alla regista romana classe 1928, sono state dedicate queste domeniche sera. Ieri c'era anche Elena, ché non vuol più perdersi l'esplosivo tandem guidato sempre con Giancarlo Giannini. Nel 1978, un'altra travolgente crisi donnauomo, immersa in quella ben più profonda, non di valori (sempre nuovi e imperanti), ma di libertà. "La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte Piena di Pioggia".
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