La realtà che ci circonda

Lo scorso mese, nelle sale, è transitato uno dei titoli che impreziosisce da solo una stagione. A tal proposito, è giusto scrivere che qualcosa pare muoversi, i film stranieri di buona qualità distribuiti anche da noi si susseguono. In questo caso, un film libanese di estrema intensità: "Cafarnao" (sottotitolo italiano "Caso e miracoli"), scritto e diretto nel 2018 da Nadine Labaki, attrice qui al 3° cimento registico. Col gusto neorealistico per le innocenze tradite di bambini dimenticati, un logorante percorso nel nostro infernale pianeta.

Titoli di testa già sorprendenti, "qui si fa sul serio", mi dico, e faccio un bel respiro alla sinistra del Prof. Sini e di Elena. Nel rumore di un traffico meccanico ed umano che ormai pare andare da sé, sfuggito ad ogni capacità di rallentare ed assaporare (quando ne vale la pena) i momenti, un bambino più sveglio, perché costretto, ha deciso di incazzarsi. Documenti, questa fulgida invenzione degli ultimi secoli, frontiere, altro capolavoro, pure l'avidità dei singoli, tutto a difesa di una società imperniata su sfruttamento e prevaricazione. Le autorità si gonfiano da sole, schiacciando chi non anela al loro mefitico status. Il quadro è tremendamente bello, grazie ad un'ottima regia dove tutto scorre rapido ma dove preziose istantanee, alcune indimenticabili (Zain che si trascina a presso Yonas sul rudimentale carretto), si susseguono lasciando poco respiro allo spettatore. Dopo quasi un mese, la pelle ancor s'accappona rievocando il volto del giovanissimo siriano, classe 2004, Zain al-Rafeea. La perfetta ricostruzione di un personaggio demolito dalla realtà. I suoi sguardi di quarantenne scafato e rassegnato, vergogna su di noi, la sua scapigliatura, le sue ciabatte. Invero una sorta di stile ammaliante, ché è quello di colui che non molla, lotta. Una figura degna dei più grandi artisti del cinema. Tutt'attorno, i soliti "grandi", uno peggio dell'altro, non diversi da quelli con cui abbiamo a che fare ogni giorno, vera rassegna del disumano.
Labaki, che interpreta l'avvocatessa dallo sguardo pungente, ha confezionato una pellicola che è un vero grido, su più fronti, in più direzioni (l'abbraccio tra Yonas e la madre), perché davvero non c'è che l'imbarazzo, appunto, della scelta, per dirigere lo sguardo verso ingiustizia e violenza sui deboli.
Da dedicare a tutti i genitori ipocriti. Fateglielo vedere (ah: "regalargli" cellulare ed assenza di coscienza e spirito non è più amorevole). 
(depa)

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