Road to Stereotypy

Se Elena ed io abbiamo atteso tanto un motivo c'era (oltre al boicottaggio del vorace "Corallo", che se l'è tenuto in pancia per mesi). La ragione è che da un film hollywoodiano diretto dal primo scemo più scemo che passa, per di più trionfatore agli Oscar, non ci si può aspettare che giunga nulla più che da "Green book" (2018): distillato di retorica a 99°, brucia occhi e spirito, condannandoti ad una striscia di stereotipi, che poi è la stessa offerta da qualunque mass-media. Diretto da Peter Farrelly. Amen.

Amen. Ammiccante sceneggiatura che tutto si fa tornare (un buttafuori razzista, appena svegliato dal nero visto una volta, passerebbe mai la telefonata alla sacrissima moglie?), tutto  pronto per il road movie per il pianeta Ipocrisia. Esplicito. Trash cinema dalla periferia di Los Angeles. Superficiale. Razzista proprio quando dichiara il contrario (capita a chi non ha scavato abbastanza). La sala ride. Ma la sala non ride causa graffiante satira sociale, ma poiché tutti i luoghi comuni più consunti vengono rispettati (la sequenza del pollo).
Dopo la visione del filmetto, lungi da qualsivoglia crescita di alcuno, tutto rimane al proprio posto. I neri negri ed i bianchi affettuosi padroni. Ah, dimenticavo: avere scatti d'ira dinanzi ad una divisa, ne vale sempre la pena.
Trattiamo di un film in cui un nero descrive il proprio "Presidente" come "colui che cerca di migliorare il paese". Fosse anche Kennedy, questa subdola ingenuità, se ha del politicamente corretto, è storicamente falsa, eticamente assassina. Ricette datate si susseguono, la sorpresa è quella per cui preghi, ma non s'avvererà.
L'unico quadro esatto era quello che tratteggiante la pacifica polizia americana, immancabilmente ribaltato, a pochi minuti dal termine, dal buon Peter. Altro che uncorrect. Corretto e pavido sino al bucodel. Dal Farrelly, il 'Rofum ci si gioca le palle (0 e 1), non si caverà alcun che, poiché non manca solo di talento, ma pure di quel coraggio di cui, in questo suo, parla con occhi lucidi. Né coraggio, né dignità, quindi, in un film tornasole dei tempi che corrono: autori pronti a relegare emozioni, critica e lotta sugli scaffali dei prodotti cinematografici più profittevoli (codice EAN obbligatorio).
(depa)

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