Lunedì scorso mi son diretto verso un palestinese. Un film, intendo. Da quella terra martoriata giungono quasi sempre gemme estratte dal dolore o, come in questo caso, da un'ironia che possa anestetizzare, senza ottenebrare l'intelletto (anzi). "Tutti pazzi a Tel Aviv" (t.o. "Tel Aviv on fire"), diretto nel 2018 dal regista palestinese classe 1975, Sameh Zoabi, sceglie quest'ultima strada, danzandovi senza inciampi, ribadendo financo la distanza abissale che può separa gli individui dai poteri (quando non estraggono le armi, o i portafogli). Il quadro non è edificante, ma è doveroso sostarvi dinanzi un attimo in più.
La pellicola attacca e ci vuole poco per capire che il sorriso sarà una delle sue carte. La protagonista del film (soap) nel film, la belga classe 1971 Lubna Azabal, offre già, nella sua perfetta recitazione da Swanson di Bargagli (entroterra genovese), un immediato tester della fragranza emanata dalle vicende. Pervaso d'una efficace ironia, più sagace nelle parole ed espressioni del simpatico e protagonista, più irruenta in quelle del suo "avversario" di turno, il racconto balzella su contraddizioni e violenze dell'occupazione israeliana. La verve non è rabbiosa, quasi a richiamare i due secolari (uno) contendenti a mettere a fuoco, se non con serenità, almeno con pacatezza, l'enorme costruzione d'odio in cui sono stati rinchiusi (lasciamo stare, qui e ora, i doverosi distinguo). Oltre al calzante stralunato protagonista, Kais Nashif, a breve distanza di celluloide ritrovo Maisa Abd Alhady, di cui ormai posso dirmi definitivamente innamorato (fortunata eh?!), ancora una volta ottima, pur in vesti ben più leggere.
Primissimi piani ed una luce che, dal set cinematografico che pare un'oasi per tutti, si riverbera sull'ocra della Terra Santa (per poi sbattere sugli elmetti fra i check-in), alleggerendo le sensazioni di questa che è una fiaba dove le fiabe non possono esistere. Bravo a Zoabi, quindi: commedia ben fatta, che scorre così delicata da richiedere solo un coup de théâtre che ponga il fiocco (e infatti...).
In appendice, altro gimme five ai doppiatori.
(depa)
Si', direi che questo film descrive bene la situazione in Palestina e i toni della commedia non sminuiscono la drammaticita' di essa, anzi, danno risalto all'unica via d'uscita possibile: i sentimenti umani al di sopra di ogni interesse politico. Ottimo film.
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