Su e giù e ritorno

Jacques Audiard era al cinema, fino alla settimana scorsa. Il Cinerofum s'è quindi arrampicato sino alla spaziosa Sala 1 del "Sivori", memore dell'ultimo coinvolgente e scattante lavoro del regista parigino. Ha fatto bene: "I fratelli Sisters", Leone d'argento a Venezia 2018, mostra un'altra opera compatta, attenta, la cui appagante scrittura necessitava solo di due ottimi interpreti, come in questo caso. Davanti a questi schermi, si sta bene.

Oregon 1851. Luoghitempi di cui il cinema hollywoodiano, ben più a suo agio tra distese, picchi e tramonti dell'estremo west, si sa, la fa da padrone. Eppure "The Sisters Brothers" dice la sua, magnificamente, con la erre moscia. Western francese con camera mobile, come la traballante coscienza dei personaggi. Una leccornia quella polvere rugginosa calata nel sociale, dall'innovativo spazzolino, alle tavole di legno anti-fango, senza tralasciare un ragno, evidentemente cattivo, svicolato tra due labbra russanti, né i cavalli che necessitano revision fatale. L'atmosfera decadente della corsa all'oro, l'estatica ed amara illusione del progresso, si percepiscono fisicamente, grazie agli entusiasmi ed ai turbamenti dei due protagonisti. John C. Reilly e Joaquin Phoenix, Eli e Charlie Sisters, hanno spessore con una pistola in mano, ma ancor più senza. A volte persino stupiscono dei nuovi orizzonti raggiunti ("per queste nostre chiacchierate?"), ma il tempo è lavoro e, se il lavoro è di morte, tanto vale far presto. Meccanicamente. Consci che tagliando dalla montagna, s'accorcerà, ma sarà tosta. L'ovest spagnolo è sfondo terreno che smorza la magia di banditi e sceriffi, evocando quella di persone e individui.
(depa)

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