Lo chiamerà Rimorso

Finalmente ce l'abbiamo fatta. Dopo mesi e mesi di rinvii, imprevisti e stati fisici o mentali non consoni, io ed Elena siamo riusciti a presentarci alla "Casa Occupata di Pellicceria" per l'appuntamento cinematografico, classico per molti tranne che per noi, della domenica sera (scoprendo, peraltro, quale diavolo di sala abbiano allestito i ragazzi, migliore di molte altre "ufficiali"). Ma ci voleva la spinta decisiva dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne, col loro cinema diretto e onesto, dove rabbia e poesia frantumano i fronzoli stilistici e politici. "Il matrimonio di Lorna", del 2008, è un'altra splendida e atroce storia di cancrena sociale.

Iniziata la pellicola, qualcosa salta all'occhio di chi, pensando ai fratelli belgi, rievoca una marcatura stretta, caotica e assillante, della m.d.p. sul protagonista. Il leggero mal di mare, che sempre accompagna la visione di un'opera dei due registi, stavolta non viene. Ma la nausea, quella sì, rimane. Perché è sempre materia difficile da digerire, quella rappresentata dai Dardenne. Esistenze sprecate correndo dietro ai sotterfugi, giustificatissimi di fronte a tanta vuota ipocrisia, che una società insegna ed esige. Lorna fa la spola dinanzi alla m.d.p., si avvicina per allontanarsi e quindi vagare; a parte quel fugace sfioramento tra lei e lo spettatore, sarà sola e non resterà che osservarla senz'alcuna possibilità di sostegno (sola in un bosco d'autunno, raccoglie legnetti per un figlio immaginario).
Sceneggiatura abilmente sbucciata, a svelare progressivamente i meschini traffici di coloro che circondano la dolce Lorna. Non sarà il più intenso dei loro, ma pur sempre ricca di fiori preziosi: la sequenza del rapporto sessuale salvifico, l'unico che solo mai avrebbe potuto qualcosa, è una summa del genio e della sensibilità che muovono l'arte dei Dardenne.

Non resta che tornare alle serate cinematografiche della "Pellicceria", con una sala e una programmazione così...
(depa)

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